Renato Carpentieri al Rossetti nella Tempesta «Il mio Prospero è un uomo dai mille volti»

Da domani a domenica l’opera di Shakespeare per la regia di Roberto Andò. Oggi la prolusione di Peter Brown



. “La tempesta” è l’ultimo dramma di Shakespeare: un’opera straordinaria e potente con un protagonista, Prospero, dalle mille sfaccettature. A interpretarlo al Rossetti per la regia di Roberto Andò, nell’adattamento dello stesso Andò e di Nadia Fusini, è adesso Renato Carpentieri, nello spettacolo in scena al Politeama Rossetti di Trieste da domani a sabato, alle 20.30, e domenica alle 16 (info 040.3593511).

Oggi, intanto, alle 18 al CaféRossetti Peter Brown, direttore della British School terrà in lingua italiana una prolusione al capolavoro shakespeariano, mentre giovedì alle 18 sempre al CaféRossetti avrà luogo invece un incontro di approfondimento su “La Tempesta” in lingua inglese, sempre tenuto da Peter Brown.

Oltre Carpentieri gli altri intrepreti in scena sono Giulia Andò (Miranda), Filippo Luna (Ariel), Vincenzo Pirrotta (Calibano), Paolo Briguglia (Ferdinando), Gianni Salvo (Gonzalo/ Iris), Paride Benassai (Trinculo, Antonio), Francesco Villano (Stefano, Alonzo).

«Prospero - dice Renato Carpentieri - è un personaggio complesso e faticoso. Complesso perché è molte cose: è il duca di Milano spodestato, è un uomo di potere a cui il potere è stato tolto, è un grande intellettuale, è un padre che deve far sposare la figlia che ha vissuto sempre e solo con lui, ma è anche un regista perché dalla tempesta in poi dirige lui la storia tramite Ariel con battute che parlano di teatro, e allo stesso tempo è una persona che vuole abbandonare il teatro essendo questo testo il congedo di Shakespeare. Prospero è un personaggio disilluso, che ha la forza di scegliere la conciliazione anziché la violenza».

Com’è lavorare con Andò che è anche scrittore e regista cinematografico?

«Mi trovo benissimo. Si è occupato di Tomasi di Lampedusa, autore straordinario, e ciò mi unisce a lui come intellettuale. Ci ho fatto anche un film anni fa, posso dire che ci conosciamo bene».

Il David di Donatello come miglior attore che ha vinto per “La tenerezza” è un premio prestigioso. Lo aveva già vinto come non protagonista per “Fiorile” dei fratelli Taviani.

«Il David che ho vinto due anni fa è stato importante, mi ha emozionato tanto. Un premio del genere è un riconoscimento unico. Se avessi avuto vent’anni di meno mi sarei pure ringalluzzito e la mia carriera avrebbe potuto avere una spinta diversa. Diciamo che riceverlo adesso mi ha fatto un grande piacere che si unisce all’emozione naturalmente».

Con Gianni Amelio ha recitato spesso, da “Porte aperte” a “La tenerezza”. Che importanza ha per lei?

«Amelio è il mio maestro di cinema. “La tenerezza” non solo è un film straordinario ma è stato anche un’esperienza fondamentale per me. Ho girato anche un corto con lui, “Passatempo”. E adesso ho una piccola parte in “Hammamet”. Amelio mi ha insegnato molto nel cinema: io ho iniziato tardi ma in un modo del tutto fortunato dal momento che ho lavorato con Gian Maria Volontè».

Da regista ha dei progetti?

«Ho presentato un progetto per il testo “Il complice” di Dürrenmatt che mi sembra particolarmente interessante di questi tempi. Inoltre con la mia associazione che gestisco insieme a Valeria Luchetti sto aprendo uno spazio di teatro-studio a Napoli. L’intento è quello di realizzare meno spettacoli grandi e concentrarsi di più sulla forma breve».

La televisione ha una parte importante nella sua vita artistica. “La squadra” e “Don Matteo” hanno aumentato la sua notorietà col grande pubblico.

«Io valuto tre gradi di libertà nello spettacolo. Il primo grado è il teatro, in cui si può ancora dire proprio tutto. Il secondo grado è il cinema dove molti produttori pensano di conoscere bene il gusto del pubblico al punto da prendere decisioni talvolta azzardate. Il terzo grado è la televisione che ha i soldi ma è molto pilotata: come attore si può fare la televisione ma non è lì che si possa prevedere di dare il massimo».

Cosa ne pensa delle politiche culturali oggi in Italia?

«Non mi pare che i governi che si succedono in questi anni pensino al futuro, non hanno una visione ampia né dal punto di vista economico né da quello culturale».

E con Trieste che rapporto ha?

«Ho un rapporto speciale con questa città. Confesso di essere stato fidanzato con una straordinaria donna triestina, Elena Vitas, anche lei regista, mancata nel 2002. Ultimamente ho girato un film a Trieste, “Babylon Sisters” diretto da Gigi Roccati, e devo dire che ne penso tutto il bene possibile». —

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