Riecco le Basabanchi e stavolta si ride nel convento del ’68

Stasera al Bobbio lo spettacolo di apertura della Contrada con Alessandro Fullin come autore, attore e regista

trieste

Torna il convento. Tornano le suore. E se le vocazioni scarseggiano, niente di meglio che dimostrare - ancora una volta - quanto sia divertente la vita del monastero.

"Basabanchi Rèpete" è la commedia che apre stasera (ore 20.30, Teatro Bobbio) il cartellone 2018/19 della Contrada. Un ritorno tra le mura che hanno già visto, lo scorso anno, le peripezie di un gruppo di monache, nate dalla fantasia tutta triestina di Alessandro Fullin. Autore, ma anche ideatore, regista, attore, in definitiva fondatore di una nuova saga di spettacoli in dialetto per La Contrada.

A inaugurare il cartellone precedente, l'ottobre passato, era stato "Le basabanchi", vicenda che strizzava l'occhio al classico musical delle suore, "Sister Act". Ma ambientava dalle nostre parti e traduceva in lingua locale, le avventure che hanno reso universalmente nota Whoopi Goldberg e le sue consorelle. Inevitabile che le pie monache triestine, registrassero qui altrettanto successo di pubblico. Come nelle commedie di Fullin che le avevano precedute, "Sissi a Miramar" e "Ritorno a Miramar".

Bisogna cogliere la suora al balzo, devono aver pensato i programmatori della Contrada. E così - rèpete - le monache son tornate, fotografate però da Fullin in un altro rovescio della Storia. Non più 8 settembre '43 e rastrellamenti nazisti, ma l'atmosfera più rilassata degli anni '60.

In "Basabanchi Rèpete" siamo addirittura alle porte del '68 e un'aria nuova investe il convento. Aspirapolvere, phon, citofono e - non ditelo al vescovo - sentori di marijuana circolano tra le celle. Vuote però, perché la scarsità di vocazioni ha ridotto i ranghi delle religiose. Oramai ci sono solo la madre badessa (lo stesso Fullin) e la suora che con la propria verve tiene alte le bandiere della congregazione: la Whoopi Goldberg di casa nostra, Ariella Reggio.

Tra bollette da pagare e pareti da rinfrescare, le finanze si sono intanto ridotte al minimo.

Giunge provvidenziale allora una troupe cinematografica, intenzionata a girare un film tra le mura del convento. In quegli anni, la Guerra Fredda ha allentato le sue tensioni e nella vicina Jugoslavia cresce una nuova cinematografia. Un affermato regista di Zagabria chiede di poter ambientare tra le suore la sua prossima pellicola. Magari un po' scollacciata.

È il canovaccio su cui Fullin distende i suoi personaggi e un carico continuo di battute, che della parlata triestina colgono modi di dire e abitudini, ancora più divertenti se esplodono in bocca a quelle figurine.

Attorno alla tavola del refettorio si alternano quindi, oltre alle titolari, la novizia appena giunta dalla Toscana (Sara Zanni), la sorella che dopo un'esperienza laica vuole riprendere il velo (Rosanna Bubola) e i fragorosi componenti della jugo troupe (il regista Franko Korošec, l'assistente Valentino Pagliei, il divo Francesco Godina). Compare pure un pittore rinascimentale, incaricato di nuovi affreschi, che ha le sembianze e soprattutto il piglio canoro di Leonardo Zannier.

In realtà, scene e costumi sono stati disegnati da Andrea Stanisci, che si è divertito a svariare tra Giotto e Kitsch. Senza dimenticare il più che mai opportuno "San Giusto d'oro". Repliche fino al 31 ottobre. —





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