Samurai, demoni e geisha la magia del Giappone rivive ai Carraresi di Treviso

Curata da Francesco Morena la rassegna propone un viaggio di sette secoli nella società nipponica

la rassegna



Nell’immaginario comune il Giappone tradizionale è un paese popolato di bellissime donne, le geisha, e valorosi guerrieri, i samurai. Un’idea che si ripropone a tutt’oggi, diffusa sul finire dell’Ottocento grazie a opere di straordinario respiro come la Madama Butterfly di Puccini. Tuttavia sarebbe ingiusto ridurre a due categorie la cultura di un paese così sofisticato. L’arcipelago ha infatti una storia plurimillenaria, nel corso della quale si sono alternati periodi di isolamento dal resto del mondo a momenti di fruttuoso scambio con gli altri paesi, in primis la Cina.

“Giappone. Terra di geisha e samurai”, la mostra curata da Francesco Morena, prodotta da Artika con la collaborazione di Fondazione Cassamarca, ospitata a Casa dei Carraresi di Treviso (fino al 30 giugno), è un interessante spaccato delle arti tradizionali giapponesi attraverso una selezione di opere databili tra il XIV e il XX secolo, tutte provenienti dal fondo privato del collezionista trevigiano Valter Guarnieri. Il percorso si sviluppa per sezioni tematiche, approfondendo da un lato i molteplici aspetti relativi ai costumi e alle attività tradizionali, dall’altro creando dei focus sulle peculiarità e sulla storia della collezione. L’esposizione si apre proprio con i samurai, la classe militare che ha dominato il Giappone per lunghissimo tempo, dal XII secolo alla metà dell’Ottocento. Si possono ammirare splendidi esemplari di katana e wakizashi, spade con lame datate tra il XIII e il XV secolo accanto ad armature complete del periodo Edo (1603-1868), il periodo di chiusura del Giappone nei confronti del resto del mondo, indossate dai samurai, come si evince dai rotoli verticali dipinti a inchiostro e colori su seta del periodo Meiji (1868-1912). Come per il samurai, anche la geisha rappresenta un topos culturale altrettanto radicato, dalle coltissime dame di corte del periodo Heian (794-1185) alle cortigiane vissute tra XVII e XIX secolo, immortalate da Kitagawa Utamaro (1753-1806). La beltà femminile viene restituita attraverso xilografie policrome e fotografie all’albumina associate ad oggetti di splendida manifattura come gli specchi (kagami) del periodo Edo.

La religiosità, in Giappone, è una questione piuttosto complicata, frutto di credenze autonome, innesti provenienti dall’esterno e rielaborazioni inedite di questi prestiti. Il Buddhismo, in particolare, di origini indiane, giunse in Giappone per tramite di Cina e Corea. Esso ha permeato profondamente il pensiero giapponese, soprattutto nella sua variante dello Zen, che in questa sezione è testimoniata da un gruppo di dipinti nel formato del rotolo verticale raffiguranti Daruma, il fondatore dello Zen. “Poeti, eroi e demoni” introduce invece le storie tradizionali e i temi legati alla ricca letteratura mentre i riferimenti alla quotidianità sono testimoniati dalle attività di intrattenimento come il teatro Kabuki, dall’utilizzo del kimono alla predilezione degli artisti giapponesi per la micro-scultura, qui presente con accessori legati al consumo del tabacco.

Il nucleo della mostra è riservato al rapporto dei giapponesi con la natura, che nello Shintoismo, la dottrina filosofica e religiosa autoctona dell’arcipelago, è espressione della divinità. Questa relazione privilegiata con la Natura viene qui indagata attraverso una serie di dipinti su rotolo verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento e paraventi del XVII-XVIII secolo. A metà dell’Ottocento, dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, il paese decise di aprirsi al mondo. Il mutato scenario portò molti artisti ad adottare tecniche e stili provenienti dall’estero, e molti artigiani a produrre opere destinate agli acquirenti stranieri. Tra le forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi, la fotografia d’autore occupa senz’altro un posto privilegiato, come risulta dalla serie esposta, con le annotazioni in spagnolo, dei luoghi e delle attività riprodotti negli scatti. Infine la calligrafia, qui resa con segno potente su grandi paraventi, conclude l’esposizione. —

Riproduzione riservata © Il Piccolo