Saturnia e Vulcania due gemelle cambiano la storia della marineria

Un solo fumaiolo e possenti diesel al posto delle turbine a vapore così i transatlantici triestini rivoluzionano le costruzioni navali

Non si conosce l’autore di queste immagini ricavate da una trentina di lastre fotografiche acquistate tanti anni fa da Mario Zaccaria e riemerse dopo la morte del collezionista da un cassetto della soffitta della sua abitazione. Il ritrovamento è recentissimo e consente di esplorare un periodo poco noto - iconograficamente parlando - della storia triestina, quando la città cercava faticosamente di assumere un nuovo assetto economico e istituzionale nell’ambito del regno d’Italia. Sono fotografie realizzate da un professionista di cui oggi non conosciamo il nome, ma sono ugualmente preziose perché mostrano quanto poco abbia inciso sulla fisionomia del Porto Vecchio la sostituzione della bandiera austriaca col tricolore. Un soldato in divisa italiana pedala in sella alla sua bicicletta a pochi metri di uno dei tanti enormi magazzini. Tolta quella divisa la foto potrebbe essere stata scattata oggi. Un identico discorso coinvolge la stazione di Campo Marzio se non fosse per la presenza di tre carrozze e altrettanti cavalli davanti all’uscita sulla Sacchetta.

Diverso il contenuto di altre immagini proposte in queste pagine. In gran parte sono state scattate sulle rive e l’autore ignoto non è sfuggito a un richiamo che ancora oggi induce migliaia di persone a premere il bottone di scatto della loro fotocamera quando si trovano tra il canale del Ponte rosso, il molo Audace e la Sacchetta. Quasi un riflesso condizionato, un’ossessione fotografica. L’ignoto professionista non è sfuggito a questo richiamo e sulle sue lastre sono rimaste impresse le sagome di piroscafi importanti sulla cui poppa spiccava il nome del porto di armamento: “Trieste”. Oggi quelle banchine sono desolatamente vuote e del “Palatino”, varato nel 1913 da uno scalo del Cantiere San Rocco come “Baron Bruck”, non resta che la memoria. La foto lo mostra all’ormeggio sul Molo Audace: alle sue spalle, attraccato al Molo Quarto, è ben visibile l’Helouan, il “grande espresso” gemello del “Wien” schierato dal Lloyd austriaco sulla rotta per Alessandria d’Egitto.

Su queste due unità in prima classe potevano essere accolti 150 passeggeri in cabine a uno o due letti, molte dotate di bagno privato. Erano inoltre disponibili due appartamenti di lusso – oggi sarebbero chiamati suite - con doppia cabina, salotto e bagno. Il fotografo senza nome ha anche il merito di aver ripreso l’entrata trionfale in scena della motonave Saturnia che con la gemella Vulcania ha rappresentato una svolta epocale nel mondo delle costruzioni navali. Un progetto rivoluzionario di completa rottura con i transatlantici realizzati in altri Paesi. Un solo fumaiolo, quando per decenni l’importanza di una nave veniva valutata dal loro numero. Il Titanic ne esibiva quattro, di cui uno posticcio. Nuovi anche i motori dei due transatlantici triestini: non più turbine a vapore ma possenti diesel realizzati nella fabbrica macchine Sant’Andrea. Un mutamento totale di scena, il primo segnale importante del dopoguerra lanciato da Trieste all’Italia e al mondo: “Ecco cosa sappiamo fare.” (c.e.)

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