Saturnia e Vulcania, due navi sulla rotta del Nuovo Mondo

MONFALCONE Navi d'avanguardia, che hanno rivoluzionato le caratteristiche dei transatlantici in tutto il mondo. Questo hanno rappresentato negli Anni Venti la Saturnia e Vulcania, le due motonavi realizzate a Monfalcone nel cantiere della famiglia Cosulich. Novant'anni fa, il 29 dicembre 1925, la Saturnia scese in mare a Panzano e ad essa la Fondazione Fincantieri dedica ora una mostra e un libro che saranno visibili al pubblico dal 4 al 20 settembre nella città dei cantieri: il luogo scelto per la rassegna è la sala di esposizione comunale che ha preso il posto del mercato coperto.
Centinaia di fotografie d'epoca, manifesti pubblicitari, quadri, brochure, disegni, locandine, modelli di notevoli dimensioni saranno presentati dallo storico navale Maurizio Eliseo in collaborazione con l'Associazione Italian Liners. Poi i pannelli di questa mostra e i filmati d'epoca che la accompagnano, compiranno un lungo tour attraverso le principali città italiane per dimostrare quali erano e quali sono oggi le potenzialità e le tradizioni innovative del più grande cantiere navale europeo. Si sta valutando anche una doverosa presenza della mostra a Trieste, forse in occasione delle manifestazioni culturali della Barcolana, forse più tardi.
Ma ritorniamo alle navi e alle soluzioni d'avanguardia. Novant'anni fa per la Saturnia e la Vulcania, i progettisti adottarono soluzioni tecniche di rottura con i canoni costruttivi dell'epoca. Furono scartati i tradizionali motori a combustione esterna. Via le caldaie, via le turbine a vapore sostituite da possenti diesel costruiti su progetto "Burmeister & Wain" a Trieste nella fabbrica macchine Sant'Andrea. La scelta fu dettata da considerazioni economiche e di ingombro: i diesel consumavano 100 tonnellate di carburante al giorno, contro le 300 necessarie nelle 24 ore per alimentare le caldaie di un transatlantico tradizionale.

Questa rivoluzione tecnica fu ampiamente spiegata in un'intervista da Antonio Cosulich, figlio del proprietario del cantiere nonché armatore dei due transatlantici. Le navi passeggeri all'epoca erano valutate dal pubblico oltre che per le loro dimensioni e velocità anche per il numero dei fumaioli. «Più ne esibivi, più eri importante, tant'è che molti armatori imposero ai cantieri di costruire sui loro transatlantici fumaioli posticci, a puro scopo scenografico». Da questi fumaioli non uscivano né fumo né vapore semplicemente perché non erano collegati alle caldaie o alle macchine. Tra queste navi a quattro pipe, di cui una "posticcia", rientravano il Titanic, l'Olympic e il Britannic che originariamente avrebbe dovuto chiamarsi Gigantic.
«La Saturnia e la Vulcania - spiegò Antonio Cosulich - hanno un solo fumaiolo: a livello progettuale fu persino ipotizzato che non ne avessero nemmeno uno. Uno dei progetti che attirò la nostra attenzione prevedeva di costruire una bassa torre a traliccio al posto del fumaiolo. La torre avrebbe potuto servire ottimamente come belvedere: in sintesi una minuscola torre Eiffel in pieno oceano che sarebbe stata la gioia dei passeggeri nel potersi elevare al di sopra della plancia per ammirare l'intera nave in movimento. L'idea venne abbandonata perché la torre dava alla nave un aspetto statico. A noi serviva invece un tipo di fumaiolo che apparentemente aumentasse la velocità del transatlantico e fosse concorde con le linee dello scafo».
Ugualmente esplicito fu Antonio Cosulich sulla scelta per motori Diesel adottati per la prima volta al mondo su due navi di queste dimensioni. «La Saturnia grazie a questa decisione può trasportare comodamente almeno 300-400 passeggeri in più rispetto a una nave di identiche dimensioni dotata di caldaie e macchine a vapore».

L'impostazione della Saturnia porta la data del 30 maggio 1925 e da quel momento i lavori procedettero con una velocità frenetica: in meno di sette mesi lo scafo sarebbe stato completato. Questo perché i vertici del Cantiere triestino di Monfalcone uscito distrutto dalla Grande Guerra dovevano fare presto, essere veloci per imporsi alla concorrenza internazionale. Dunque navi nuove per guadagnare quote consistenti nel mercato degli emigranti diretti dall'Europa verso le due Americhe. Ma anche per intercettare la ricca clientela americana che voleva visitare il vecchio continente.
La Saturnia e la Vulcania hanno avuto questo ruolo nella strategia armatoriale dei Cosulich. Dovevano rimpiazzare le attempate ammiraglie della società, i piroscafi Martha Washington e Presidente Wilson. Inoltre i Cosulich volevano "giocare in casa", perché la posta era altissima e l'esito incerto. Per questo venne scelto un progetto innovativo che spiazzasse la concorrenza.
Saturnia e Vulcania furono nuove anche nella linea e nella distribuzione dei saloni e nella realizzazione delle cabine, le prime dotate di una veranda esterna, oggi un dettaglio imprescindibile sulle tutte le navi da crociera. Come dicevamo la costruzione dello scafo della Saturnia iniziò il 30 maggio 1925.
I ritmi di lavoro sono intensissimi e la nave viene varata solo sei mesi più tardi, il 29 dicembre. Le fa da madrina la principessa Giovanna di Savoia. Il successivo 30 gennaio viene impostata la gemella Vulcania che scende in mare il 19 dicembre 1926, con un'altra principessa di Savoia, Maria, nel ruolo di madrina.
Nel cantiere in quegli anni lavorano seimila operai. Un record che ha il suo "contro altare" nell'altissimo numero di infortuni e di vittime. Si cade dalle armature che imbrigliano lo scafo in costruzione, o si viene colpiti da "corpi pesanti" che piovono addosso dall'alto. La sicurezza è carente, il sindacato è stato spazzato via così come l'opposizione politica dalle leggi eccezionali del novembre 1926. Chi viene segnalato come avversario del fascismo divento dittatura, è licenziato e rischia bastonature, carcere e confino. Ma qualcuno resiste. Il 6 novembre 1926, come si legge sul verbale della Legione Carabinieri Reali di Trieste, «alle prime ore di stamani sulla motonave Saturnia ormeggiata al cantiere, furono rinvenuti e sequestrati un centinaio di manifesti sovversivi. Le indagini portarono all'identificazione e all'arresto di certo Bruschina Giovanni, di Giuseppe, operaio, il quale ammise di aver lanciato quei manifesti da un finestrino della nave»..
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