Sbarcano gli alieni a Venezia ma Fassbender piace di più

VENEZIA. Ancora sciami di star, ancora grande cinema a stelle e strisce. Dopo l'inaugurazione sulle note dell'acclamato "La La Land", che ha riportato nuovamente al Lido di Venezia la grazia senza tempo di Emma Stone, la Mostra del Cinema punta sulla presenza di alcuni tra i divi più amati di Hollywood. Così, anche nella giornata di ieri, persino i fan più bulimici hanno trovato pane per i loro denti: i film in concorso marchiati Usa, entrambi molto attesi, "Light Between Oceans" di Derek Cianfrance e "Arrival" di Denis Villeneuve, hanno assicurato rispettivamente l'arrivo della coppia più invidiata del momento formata da Michael Fassbender e Alicia Vikander e, quasi all'unisono, di Amy Adams e Jeremy Renner che hanno fatto insieme le veci del regista canadese, impegnato (come Gosling) sul set di "Blade Runner 2". Ed è un peccato (ma pare che la presenza del regista sia comunque assicurata nei giorni a venire) perché è stato accolto molto bene il suo affascinante thriller fantascientifico, quasi un monito al genere umano a deporre le armi e a riappropriarsi del linguaggio, un metaforico quanto elementare ed esplicito invito a ricominciare a parlare.
Nel film, che riaggiorna gli "incontri ravvicinati del terzo tipo" alternando echi del cinema di Nichols (ma con meno inquietudine) e fugaci lampi malickiani, Amy Adams, l’attrice americana nata ad Aviano, interpreta una linguista ingaggiata dal governo americano per tentare un contatto con alcune misteriose creature venute dallo spazio. «Non avevo mai pensato di fare un film di fantascienza prima d'ora - ha ammesso durante l'incontro con la stampa -. Ma ho cambiato idea quando ho letto il copione. Mi appassionava soprattutto il fatto di dover lavorare con personaggi irreali». Al suo fianco, Jeremy Renner, che in "Arrival" è un matematico della squadra che segue l'operazione di avvicinamento agli alieni. Le sue dichiarazioni riflettono perfettamente quello che sembra essere l'intento del film, che come nella migliore fantascienza, si offre come possibile interpretazione del presente: «Mi affascina - afferma - il modo in cui l'umanità, quando sta per toccare il fondo, ritrovi la compassione. Allora capisce che deve restare unita, perché facendo prevalere le divisioni finirebbe per essere annientata».
Sempre a proposito di contemporaneità, a chi le chiede come il suo personaggio affronti l'essere madre con il lavoro, Amy Adams risponde di essersi rifatta a modelli precisi: «Conosco molte donne che affrontano la vita e il lavoro con grande intelligenza. Ed è a loro che mi sono ispirata. Al coraggio con cui affrontano le sfide della vita. Ho sentito un grande feeling con la mia Louise. Non mi è parso strano, in fondo noi cerchiamo un continuo equilibrio tra lavoro e vita personale».
Decisamente minore invece, nonostante le aspettative elevate, il consenso per il melodramma in costume firmato da Derek Cianfrance. In molti, infatti, speravano di ritrovare anche nel nuovo film tratto dall'omonimo romanzo di M.L. Stedman, in sala dal 16 gennaio, la sensibilità dimostrata dal regista nei suoi precedenti "Blue Valentine" e "Come un tuono". L'autore affronta nuovamente il tema che gli è più caro, ossia quello dell'annientamento della famiglia e della coppia dall'interno, attraversato in questo caso da un lacerante dilemma morale. Fassbender è Tom Sherbourne, uomo taciturno tornato in Australia dopo aver combattuto al fronte durante la Prima guerra mondiale che accetta di buon grado l'incarico di custode di un faro su un'isola deserta. Ma l'incontro con una giovane donna di nome Isabel (Vikander), cambia per sempre la sua esistenza. Insieme decidono di vivere intensamente il loro amore su Janus Rock, isolati da tutto e da tutti. Purtroppo il sogno di coronare l'unione con la nascita di un figlio fallisce più volte. Così Isabel, sempre più ossessionata dal desiderio di maternità e in preda a un inguaribile sconforto, quando una barca alla deriva approda sull'isola portando all'interno un uomo morto con la sua neonata ancora tra le braccia, Isabel insiste per tenere la bambina e crescerla come fosse loro figlia. La vera madre intanto non riesce a darsi pace per la scomparsa dei suoi affetti più cari e Tom, in preda al rimorso, affronta da solo il dilemma se rivelare la verità o continuare a vivere nella menzogna. La coppia intanto, comincia a disgregarsi.
Avrebbe anche potuto funzionare. Ma la scrittura schematica ed elementare, i particolari leziosi e soprattutto l'onnipresente musica firmata da Alexandr Desplat, che imperversa dall'inizio alla fine del racconto impendendo di apprezzare l'isolamento dei luoghi, il dolore sordo dei personaggi, qualsiasi possibile sfumatura del racconto, trasformano il tutto in una imperdonabile poltiglia melensa. Molto meglio il veterano Wim Wenders, che dopo l'esperienza di "Pina" e "Ritorno alla vita" adotta nuovamente il 3D per la messa in scena di "Les beaux jours d'Aranjuez". Tratto nuovamente, ventinove anni dopo "Il cielo sopra Berlino", dall'amico fraterno Peter Handke. Ma qui il giudizio della critica si divide.
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