“Storie di colori” nella natura di Budicin da oggi alla Glam Art



Un artista di talento che sa esprimersi in modo calibrato e poetico, facendo della valenza della luce un elemento portante della sua pittura. Si presenta così alla Galleria Glam Art di Trieste, oggi alle 18, con una trentina di opere, realizzate a olio su tela e ad acquerello su carta tra il 2018 e il 2019, che compongono la mostra intitolata “Storie di colori”, il pittore triestino Roberto Budicin. Un artista che, nonostante la giovane età è già noto non solo al pubblico triestino e regionale ma anche a quello internazionale, essendo i suoi lavori esposti da tempo alla National Wildlife Gallery di Fort Myers in Florida. Il segreto del suo successo? Un talento innato, certamente ereditato dal padre Sergio, pittore e illustratore animalista di vaglia, molto attivo e noto in Germania, ma anche una tecnica ineccepibile, appresa fin da ragazzino nell’affascinante, luminoso atelier alle pendici del Carso, che divide con il genitore e dove i due artisti tengono una scuola di pittura.

Qual è la sua tecnica?

«Ho lavorato molto - rispinde Budicin - per ottenere una libertà tecnica che possa garantire una maggiore espressività, perché la conoscenza approfondita delle tecniche consente a un artista di esprimersi attraverso un vocabolario più vasto. È un traguardo raggiunto attraverso molti esperimenti poiché, per ottenere una vasta gamma di sfumature, bisogna possedere gli strumenti che ti consentono di farlo. Io uso tre tipi di sfumature: la velatura, applicata, nell’ambito della realizzazione di un quadro, a un certo punto del lavoro, su una sorta di finitura isolante e trasparente; e poi la sfumatura a fresco, cioè quando si opera con la pittura fresca, e in fine lo sgranato, che viene fatto a secco, spesso utilizzando la spatola. Ed è proprio attraverso la varietà delle sfumature che si ottiene una rappresentazione capace di infondere una sensazione e un’emozione più profonda nel fruitore, rispetto a quelle che si provano davanti a una mera rappresentazione meccanica o di taglio pittorico-fotografico. I pittori dell’Ottocento erano infatti in possesso di tecniche, alle quali io mi sono accostato e mi sento molto vicino, che utilizzavano e ricercavano proprio per suggerire delle vive emozioni».

E le tematiche?

«Sono rappresentate dalla natura in tutti i suoi aspetti, da cui amo essere circondato, sia si tratti del Carso che del paesaggio marino a Venezia e nella sua laguna, ma in mostra sono esposte anche delle figure umane, in cui ho cercato di ridare loro una dignità che talvolta nella nostra società viene dimeticata».

Dipinge dal vero?

«Utilizzo delle referenze fotografiche a cui coniugo schizzi fatti dal vivo, attraverso i quali cerco di catturare effetti di colore e di luce che molto spesso durano pochi istanti».

Quanto ci mette a fare un quadro?

«Dipende dal soggetto, perchè quando si tratta di un ritratto o di una figura umana ci metto molto più tempo in quanto in questi casi è necessario applicare una maggiore precisione che, se venisse a mancare, si potrebbe notare, mentre in un paesaggio libero si può lavorare in modo meno fedele a ciò che si pone davanti ai nostri occhi, perché nessuno noterebbe se un ramo è posto più in alto o in basso, cosa che non accade per esempio in rapporto alle proporzioni di un volto umano».

Lei si è formato con suo padre e frequentando l’atelier del pittore Walter Falzari, dove ha studiato i soggetti dal vero, esercitandosi anche nel ritratto…

«Sì, ma anche molto esercitandomi e studiando per conto mio e grazie ai libri d’arte e di tecnica pittorica».

La mostra è visitabile fino al primo dicembre con orario: tutti i giorni (tranne lunedì) dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. —

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