Strage delle librerie «Difficile resistere tra catene e Rete»

La prossima chiusura di In der Tat è l’ultima di una serie Dinamicità e proposte curiose aiutano, ma anche la posizione
C’erano la Cappelli in corso Italia, la Giulia Libri, la De Stark Rossoni in via Mazzini, la James Joyce in stazione e la Italo Svevo in corso Italia. La Fenice, La Bancarella di San Giacomo, la Borsatti. Ci sarà ancora per poco l’In der Tat di via Diaz. Lo stillicidio delle piccole librerie indipendenti in questi ultimi dieci anni è sotto gli occhi di tutti a Trieste.


Non è un paese per librai


Ci sono state anche nuove aperture, ma si tratta sempre di punti vendita che con il piccolo hanno poco a che fare: sono negozi che portano il marchio dei grandi gruppi editoriali, Feltrinelli, Giunti, Mondadori, o che fanno parte di una catena (vedi la savonese Ubik, con più di 60 punti vendita, o la trevigiana Lovat, con le sue tre maxi-librerie di Villorba, Padova e Trieste). Come nel caso del colosso delle vendite online Amazon la loro politica di sconti, che arrivano anche al 30% sul prezzo di copertina per gli evergreen e si fermano al 15% per le novità, ha messo in grossa difficoltà i più piccoli. Perché è chiaro che se sui libri il ricavo per le piccole librerie, che non ne acquistano grosse quantità, è al massimo del 20%, sconti di questo tipo sono per loro impraticabili. Ma sono fattibilissimi invece per i grandi gruppi editoriali, che distribuiscono i libri attraverso i propri negozi con un ricavo che arriva al 90%. La legge Levi, che prevedeva un tetto massimo del 15% per gli sconti applicabili sui libri ed è stata emanata proprio per far fronte all’esplosione degli sconti folli su Amazon e nelle catene, è stata finora aggirata con vari escamotage e non ha portato i risultati attesi. Così oggi a resistere sono rimasti davvero in pochi. Anche a Trieste, che per lungo tempo si è fregiata del titolo di città letteraria.


I don Chisciotte del libro


«La Trieste letteraria appartiene ormai al passato - dice
Sergio Micoli
, titolare della libreria
Nero Su Bianco
, attiva dal ’97 e dal ’99 in via Oriani, largo Barriera -. La verità è che la gente legge sempre di meno, perché è distratta da altro. Guardi alla Francia, dove legge il 70% della popolazione, o alla Germania, con l’80%: qui in Italia meno della metà delle persone ha letto almeno un libro in un anno. E non è una tendenza che si possa invertire semplicemente mettendo in mano alla gente un Kindle: se non leggi non sarà il digitale a farti cambiare idea».


Il libraio non ne fa mistero: i tempi d’oro per il commercio dei libri sono ormai passati e i segnali di ripresa per ora non ci sono. «Negli anni ’90 e fino al 2000 le cose andavano bene: avevo clienti affezionati che ogni settimana passavano di qua e si compravano almeno un paio di libri. Oggi ci limitiamo a sopravvivere: il libro non è un prodotto su cui si può fare business, i margini di ricavo sono troppo bassi. Perciò si lavora, ma per portarsi a casa 900 euro al mese. Se la nostra attività si salva è perché abbiamo una gestione familiare, ma ormai si tira a campare». Sul calo delle vendite, spiega Sergio, ha influito senz’altro la crisi economica, ma anche le grandi catene e l’online hanno giocato la propria parte nella spartizione di un mercato sempre più ridotto. «L’editore si è messo in una strada senza uscita: ha venduto anima e corpo ai supermercati del libro. C’è la possibilità di vivere se ti lasciano vivere. Ma non ci può essere concorrenza sleale: chi ti fornisce la merce non può essere tuo concorrente, cosa che invece succede puntualmente».


Gli dà man forte
Paolo Deganutti
, della Libreria Luigi
Einaudi
di via del Coroneo, che sulla prossima chiusura della libreria
In der Tat
commenta: «Così si realizza un regime di oligopolio collusivo e un depauperamento del territorio, con la distruzione della rete di librerie indipendenti e della loro professionalità. Altri paesi europei, come Germania, Austria e Francia, hanno scelto invece di tutelarle e di favorirne la crescita anche nei piccoli centri: gli Antitrust hanno vietato ai grandi gruppi editoriali di possedere catene di librerie, hanno vietato gli sconti (così i prezzi di copertina gonfiati si sono abbassati) ed hanno reso normalmente remunerativa l'attività di libraio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l' Italia ha i più bassi indici di lettura (e di laureati) d' Europa mentre Germania, Austria e Francia i più alti con tutte le conseguenze sulla cultura media, ed anche l'economia, di quei paesi».


I segreti di chi se la passa meglio


Nero Su Bianco sconta anche lo scotto della posizione: «Siamo a due passi da piazza Goldoni, in Balkan Town, come l’avete battezzata voi: un polo multietnico. Ma il Comune ha abbandonato questa zona: è sporca e si pratica il parcheggio selvaggio», dice Micoli.


Va meglio alla centralissima
Libreria Minerva
, di via San Nicolò. «Sicuramente siamo favoriti dalla posizione. Ma ci aiuta molto essere dinamici: cerchiamo di promuovere presentazioni e attività. Scoviamo editori emergenti di qualità e con loro facciamo un percorso per farne conoscere le pubblicazioni, oltre a consigliare autori da pubblicare». Per
Andrea Rimbaldo
della Libreria Minerva questo, insieme al consiglio puntuale e al reperimento di testi che non si trovano quasi più, è uno degli ingredienti di una ricetta che paga e che nel tempo ha portato a una forte fidelizzazione della clientela. Che è principalmente di età e istruzione medio-alta, per il 60% donne. E per lo più è composta da lettrici e lettori forti, che acquistano due-tre libri alla volta. «Siamo aperti dal ’91 e fino al 2009 è andata bene - dice Andrea -. Poi abbiamo registrato un calo durato fino a un paio d’anni fa, quando è iniziata la ripresa».


Tra le cause del calo Andrea mette la crisi economica, ma non esclude l’influenza di altri fattori. «Succede che ci siano persone che vengono qui, trovano un libro e fanno la foto della copertina per comprarlo online. È una pratica miope, perché non ci si rende conto che sfruttare il negozio è mettere un piccolo granello sulla frana che potrebbe crollare sulle nostre città: chi è online non deve gestire le spese e i costi vivi giornalieri di un esercente».


Andrea è un purista del libro, ma non disdegna le nuove tendenze, le formule ibride di libreria che stanno sorgendo un po’ in tutt’Italia e che combinano all’esposizione dei libri il ristobar e l’intrattenimento. Per la nostra città non sono poi così nuove: l’esempio è il
Caffè San Marco
, a lungo caffè letterario e dal 2013 anche libreria. Una scelta scrupolosissima dei titoli da mettere in esposizione visto lo spazio limitato è il segreto di
Loriana Ursich
, che la gestisce fin dall’inizio per conto di
Alexandros Delithanassis
: «La libreria indipendente è l’unica in cui, nel momento in cui sceglie cosa tenere sugli scaffali, fa reali proposte ai clienti». In questi anni gli affari per la sua libreria, complice la splendida cornice in cui è inserita, sono andati bene: «Abbiamo chiuso il 2016 con una crescita del 10% lordo e uno scontrino medio di oltre 20 euro, doppio rispetto alla media nazionale - dice Ursich -. Abbiamo una clientela esigente e curiosa, triestini e turisti. Certo il contesto in cui siamo inseriti aiuta tantissimo: uno storico caffè letterario è l’ambientazione perfetta per una libreria e lascia piacevolmente sorpreso il turista che la scopre al suo interno. Si passa dal libro al caffè con naturalezza». Quanto alle presentazioni di libri, per la libraia hanno la fondamentale funzione di aiutare a tenere viva la comunità di lettori. «I lettori sono certamente di meno e per quanto si legga in forme diverse non sarà l’e-book ad aumentarne il numero - dice -. I modi per avvicinare alla lettura sono altri: attività, manifestazioni, progetti per le scuole». Lei lo sa bene anche come organizzatrice del TriesteBookFest, nato proprio per promuovere la lettura.


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