Su Piccololibri le storie del genio della fisica Boltzmann e dello squalo star Carlotta

Nuova rubrica mensile affidata al prof della Sissa Giuseppe Mussardo. E ancora, il ricordo dello scrittore triestino Franco Vegliani
Arianna Boria
Da sinistra, in alto: Eduard Boltzmann, lo squalo Carlotta, William Boyd e Franco Vegliani
Da sinistra, in alto: Eduard Boltzmann, lo squalo Carlotta, William Boyd e Franco Vegliani

Per dieci centimetri batte il concorrente brasiliano. Carlotta, lo squalo bianco custodito nel Museo di Storia naturale di Trieste, con i suoi cinque metri e quaranta centimetri è lo squalo bianco più grande al mondo. Lo catturò, 116 anni fa, nei pressi di Cherso, il capitano della marina austriaca Antonio Morin, detto Barbarossa, con un metodo singolare, che però è parte dell’integrità e della fama dell’enorme predatore: tre colpi di fucile.

Carlotta, chiamata così in onore della figlia di Barbarossa, fu trascinata fino a Trieste dal piroscafo “Quarnero” e donata all’allora Civico Museo Ferdinando Massimiliano, dove fu imbalsamata con non pochi disagi olfattivi per chi viveva e lavorava nei dintorni di piazza Lipsia, l’odierna Hortis.

La storia della cattura dell’esemplare femmina di Carcharodon carcharias, rievocata da Giulia Basso, apre lo sfoglio del Piccololibri, l’inserto settimanale dedicato a storie, personaggi e curiosità del territorio, in vendita domani in abbinamento al giornale, all’interno di Tuttolibri della Stampa.

Questa settimana l’inserto propone una nuova rubrica, “Pillole di scienza”, affidata a Giuseppe Mussardo, fisico teorico e docente alla Sissa, che tornerà sul Piccololibri a cadenza mensile.

Il primo contributo è dedicato alla figura del viennese Ludwig Eduard Boltzmann, legato in modo tragico a Trieste.

Centocinquant’anni fa, nel 1872, su una prestigiosa rivista scientifica tedesca, Boltzmann firmò un articolo «che - spiega Mussardo - portò alla comprensione di quella misteriosa legge dell’entropia che prevede la crescita inesorabile del disordine nelle faccende del mondo». L’articolo toccava un nervo scoperto della fisica di quegli anni, ovvero la contrapposizione feroce tra gli scienziati che negavano l’esistenza degli atomi e chi, come appunto Boltzmann, ci vedeva la chiave per capire la realtà fisica. Il mondo accademico non gli risparmiò critiche aggressive e questo influì su una natura già tormentata, scissa tra la leggerezza e la gioia di alcune giornate, e le voci e i rimbombi di altre, che lo sprofondavano nell’abisso, con ricoveri in centri psichiatrici. Della sua audace ipotesi atomica della materia, Boltzmann non vide mai il successo. Angosciato dall’asma e dalla cecità progressiva, si tolse la vita il 5 settembre 1906 in un albergo di Duino, a 62 anni.

Ricorre quest’anno il quarantennale della morte dello scrittore triestino Franco Vegliani, autore del romanzo “La frontiera”, che Claudio Magris ha definito uno dei più bei libri della letteratura triestina del dopoguerra, come ricorda Martina Delpiccolo nel suo articolo per il Piccololibri.

Nel ’96 il regista Franco Giraldi ne trasse un film con Omero Antonutti e Raoul Bova, che ottenne una candidatura ai Nastri d’Argento. Il protagonista e voce narrante rivive la propria esperienza di ufficiale italiano in un’isola della Dalmazia, nel 1941, in dialogo con il vecchio Simeone, un lontano parente che ostinatamente gli sovrappone la morte di un nipote durante la Grande Guerra. Conflitti, appartenenza, frontiera, patria sono i temi che si intrecciano nel romanzo, intorno all’interrogativo centrale sulla “responsabilità del male”.

C’è un pluripremiato scrittore, drammaturgo e regista inglese, William Boyd, che ha un debole per Trieste. In due dei suoi precedenti romanzi, “L’amore è cieco” e “Aspettando l’alba”, entrambi editi da Neri Pozza, i protagonisti trovano rifugio in città, «ideale per perdersi nell’anonimato, per scomparire», dice Boyd nell’intervista a Marta Herzbruch. Anche nel suo ultimo romanzo, “The Romantic”, non ancora tradotto, Trieste finisce per dare rifugio all’irlandese Cashel Greville Ross, un malandrino gentiluomo, personaggio di fantasia, che in città diventa console del Nicaragua.

Lo sfoglio si conclude con l’intervista di Alex Pessotto al sedicenne Antonio Alessandri, il giovane pianista vincitore del Premio Marizza.

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