Sul fondo di “Manhattan Beach”

Jennifer Egan racconta la vita nei cantieri di New York durante la guerra

«Anna non riuscì a vederlo: vide solo le gambe come due fuscelli sparire nel buio. Sentì un impeto di benessere che non capì subito da dove venisse. Poi le fu chiaro: il dolore del vestito era svanito. La pressione dell’acqua proveniente dall’interno bastava da sola a bilanciare la pressione esterna mantenendo allo stesso tempo un assetto negativo: cioè tenendola giù». Siamo all’alba degli anni Quaranta, in piena seconda guerra mondiale. Nella Wallabou Bay, nei cantieri navali di New York, Anna Kerrigan sperimenta la sua prima immersione in mare con lo scafandro da palombaro. Sì, perché alla fine Anna ce l’ha fatta: è riuscita a frequentare il corso e poi a superare l’esame per diventare una palombara, corso fino ad ora riservato esclusivamente agli uomini. Scendere nello scuro degli abissi era sempre stato il sogno di Anna, anche perché lei forse già intuiva, osservando dalla riva gli altri palombari sparire sott’acqua, che in fondo al mare avrebbe trovato un giorno una traccia del padre, Eddie Kerrigan, scomparso nel nulla anni prima lasciando sole lei, sua madre e la sorella Lydia affetta da una grave malformazione. E forse anche perché è ora di dimostrare che le donne possono davvero fare le stesse cose degli uomini, e anche meglio, proprio adesso che la guerra gli uomini li ha portati quasi tutti via.

E lì, nelle retrovie dove si riparano e costruiscono unità da guerra e navi mercantili Liberty, lo sforzo bellico è tutto sulle spalle delle donne. Intorno alla Wallabout Bay, questo piccolo specchio d'acqua nella Upper New York Bay, lungo la costa nord-occidentale del distretto di New York City, sono soprattutto le donne a farsi carico dei destini che si intrecciano dentro e fuori i cantieri navali, tra i chiassosi e fumosi locali notturni controllati dalle gang mafiose in mezzo ad alcol, gioco d’azzardo e corruzione.

È in questo guazzabuglio fatto di atmosfere suburbane e e l’odore salmastro degli scali marittimi che Jennifer Egan ambienta “Manhattan Beach” (Mondadori, pagg. 510, euro 22,00), polpettone storico che ha il merito di illuminare una zona un po’ marginale della storia della seconda guerra mondiale: quella delle retrovie civili oltreoceano dove il conflitto arriva come un’eco lontana, ma dove l’impegno di chi ci lavora non sarà meno determinante per la vittoria.

Jennifer Egan, Premio Pulitzer con “Il tempo è un bastardo”, ordisce una trama complessa che a volte finisce per attorcigliarsi su se stessa come la cima di un palombaro in difficoltà.

La storia si apre con Anna Kerrigan, bambina, che accompagna il padre nel suo giro d’affari: gestire i rapporti tra i sindacati corrotti e la malavita, in particolare con il gangster Dexeter Styles. Con il quale - va da sè - anni dopo Anna avrà una focosa relazione mentre cerca di capire che fine ha fatto suo padre, che in realtà scopriremo non essere poi così scomparso, anche se un miracoloso ritrovamento sottomarino farà supporre il contrario.

Nel tessere la trama delle vicende, Jennifer Egan si impegna a scompigliare le carte, ma senza necessità, o meglio con la stessa necessità con la quale uno script muove le storie dei serial tv (e c’è da scommettere che da questo romanzo ne sarà tratto uno): per l’inerzia di dover andare avanti.

Ad ogni modo il garbuglio gira tutto intorno alla figura di Anna, per la quale la scrittrice si è ispirata a un personaggio reale, il sergente maggiore Andrea Motley Crabtree, la prima donna - per giunta di colore - a diventare palombaro della Marina militare Usa. Si vede - e lo dice - che la scrittrice si è ben documentata per tratteggiare il suo affresco storico, arrivando persino a indossare uno scafandro Mark V da novanta chili per poter poi dare più verità alla sua Anna.

Il punto è che non basta innamorarsi di un ambiente, di una storia, gettandosi a capofitto negli archivi, raccogliendo testimonianze di prima mano, per poterla poi trasformare in un meccanismo narrativo magari ben oliato ma debole e poco coinvolgente. Storia di navi, criminali, palombari, sindacati corrotti e lascivi nightclub “Manhattan Beach” rispetta tutte convenzioni del romanzone storico made in Usa, incanta per le sue ricostruzioni e ambientazioni d’epoca, ma non riesce mai a scendere fino in fondo, giù nell’abisso scuro, dove l’autrice insiste a spingere i suoi personaggi, palombari o meno che siano.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo