Sul Piccololibri la storia del botanico Bois de Chesne che creò il giardino dei sogni sull’Isonzo

Sul Piccololibri di sabato 5 marzo tante vite straordinarie: il matematico di Rovigno Vincenzo Bronzin, il patròn delle Cartiere del Timavo Pietro Ferraro, l’architetto Marcello D’Olivo
Arianna Boria

TRIESTE Era ancora un liceale Alberto Bois de Chesne quando si arrampicava in scarpe da ginnastica e senza attrezzature sulle rocce che dal castello di Duino scendono al mare. Andava alla ricerca della “Matthiola sinuata”, una specie di violaciocca molto rara, che cresceva sulle mura di Fianona in Istria e sulle pietre della costiera duinese. Aveva imparato ad amare la botanica, la “scientia amabilis” alla quale dedicò tutta la vita, dal suo maestro alle superiori, Eduard Pospichal, botanico austriaco di origine ceca, il cui imponente erbario è conservato nel Museo civico di Storia naturale di Trieste.

Bois de Chesne, nato nel 1871, proveniva da una famiglia di origine francese trapiantata in Svizzera e trasferitasi a Trieste per le opportunità economiche offerte dal porto franco. Ingente era il patrimonio che ereditò Alberto, laureatosi a Zurigo in scienze forestali. Un asset costituito da terreni e imprese in Carniola, al quale rinunciò per un sogno: realizzare un “giardino alpino” vicino alla casa che aveva costruito a Santa Maria in Val Trenta, nel goriziano sloveno solcato dall’Isonzo, ad appena 800 metri d’altezza, dove coltivare specie di montagna rappresentava una vera sfida. Nel 1927 prese vita “Juliana”, l’avventura green che lo impegnò per i successivi vent’anni. E quando, dopo la seconda guerra mondiale, gli fu impedito l’accesso al giardino per lo spostamento dei confini, percorse le Alpi Giulie col pittore Mario Sivini per fotografare e far disegnare i fiori che gli erano stati sottratti. Gli acquerelli furono poi donati alla città di Trieste.

Il botanico Alberto Bois de Chesne è uno dei personaggi di cui si occupa il Piccololibri in edicola domani con il quotidiano, all’interno del fascicolo di novità e critica letteraria Tuttolibri. Nelle sette pagine di questa settimana una galleria di figure interessanti, dalle vite singolari e con molti capitoli poco noti.

Prendiamo Ugo Guarino, pittore, scultore, scrittore, graffitaro, vignettista del Corriere della Sera, morto nel 2016, un anno dopo la mostra che, seppure con travagliati rimandi e interruzioni, gli dedicò il Revoltella. A Manhattan, in quella New York dov’era andato per la prima volta all’inizio degli anni ’60 con Buzzati e di cui si sarebbe innamorato, incontrò Andy Warhol e per un’ora rimase con lui a scambiarsi indecifrabili gesti e monosillabi. Che cosa si saranno detti? Guarino, che lo scorso 27 febbraio avrebbe compiuto 95 anni, mantenne sempre il segreto su quella strana conversazione.

La piazzetta tra via Tor Bandena e via delle Beccherie, proprio dove è stata restaurata la portacontainer dipinta da Ugo Guarino, è intitolata a Vincenzo Bronzin, il matematico nato a Rovigno che nel 1897 assunse la cattedra alla Civica Scuola Reale Superiore di Trieste. Le sue scoperte pionieristiche nel campo della matematica legata alla finanza, primo rigoroso contributo scientifico sulla strada che porterà nel 1997 al premio Nobel per l’economia a Robert Coz Merton e Myron Scholes, aprono lo sfoglio del Piccololibri, omaggio a una figura di scienziato e pedagogo - aveva studiato a Vienna entrambe le discipline - tutta da riscoprire. Infine il veneto Pietro Ferraro, patron del Cotonificio San Giusto e delle Cartiere del Timavo, medaglia d’oro al valor militare per una delicatissima missione svolta durante la Resistenza e per vent’anni protagonista della vita economica e culturale di Trieste. La sua vasta biblioteca, conservata un tempo negli uffici di via Genova e nella villa di Barcola, è andata dispersa e oggi la nipote si appella ai triestini per ritrovarne delle parti.

Il paginone centrale dell’inserto racconta la figura dell’architetto Marcello D’Olivo, definito da Bruno Zevi il Frank Lloyd Wright italiano, al quale è dedicata una mostra al Castello di Udine. Il primo progetto importante gli fu commissionato nel 1949 da don Mario Shirza per una struttura di accoglienza da riservare a giovani disadattati, orfani, profughi di guerra: il Villaggio del fanciullo di Opicina. Nella sua carriera straordinaria D’Olivo ha firmato anche il monumento al milite ignoto a Baghdad, un’enorme cupola a forma di conchiglia in una costruzione dal diametro di duecentocinquanta metri.

Argomenti:piccolo libri

Riproduzione riservata © Il Piccolo