Sulla Carovana dei prodigi avanza la trilogia di Custerlina

Agli amanti dei corposi romanzi d'ambientazione storica e d'avventura, a cavallo tra l'azione, il giallo e il mistero, tra scorci urbani dell'inizio del secolo scorso, spazi angusti e l'esotico, lo scrittore triestino Alberto Custerlina propone, con La carovana dei prodigi, in uscita oggi con "Baldini & Castoldi" (416 pagine, 18 euro), il secondo capitolo, dopo "Il segreto del Mandylion", della trilogia "All'ombra dell'Impero". L'impero è quello austroungarico, negli anni che precedono la Grande Guerra.
Il primo volume (settembre 2013) è stato finalista al Premio Bancarella nel 2014, ruotando attorno all'omicidio di un sottufficiale dell'esercito, il furto di una preziosa reliquia, il soprannaturale, le indagini del commissario della polizia asburgica Anton Adler e dell'amico fidato, il viaggiatore armeno Artan Hagopian.
Siamo, con "La carovana dei prodigi", ancora nei primissimi anni del secolo scorso, nella primavera 1902, in una Trieste popolata di carrozze e di pochi "mezzi a motore", guardati con diffidenza perché "fanno troppo rumore e puzzano", mentre il mare è solcato da velieri che possono racchiudere segreti, piani da architettare, e prigionieri, come il giovanissimo Davorin, figlioccio di Hagopian, rapito da un oscuro studioso di arti magiche, Hieronymus Mors. Mortifero sin dal nome, Mors «in linea di massima pareva un uomo, ma a guardarlo da vicino si perdeva ogni certezza circa la sua natura (…) e poi c'era la sua cattiveria dura e tagliente, che poteva appartenere solo a un diavolo».
Il commissario Anton Adler si è guadagnato il titolo di eroe, già confrontandosi con il malefico, ma poco gli importa di qualsivoglia stima e promozione se ancora non è riuscito a portare a casa sano e salvo il suo pupillo. E con l'antagonista che semina terrore non ha avuto, sul serio, l'ultima parola.
Il giovane Davorin Paternoster, intanto, gode della protezione di un angelo, o, avendo le grinfie del Male addosso, è comunque meglio che ci creda, con meno scetticismo del suo padrino che si muove sulle sue tracce con il cervello attento, un passato di affetti perduti, il cuore turbato dal presente, e troppi interrogativi da svelare pagina dopo pagina, sotto gli occhi dei lettori. Il meccanismo narrativo da Trieste si addentra al cuore della Bosnia, tra strade, botteghe, flutti marini e oscuri manieri, lumi a petrolio e polvere da sparo, in una narrazione tesa, ricca descrizioni per sostenere piccoli atti e crocevia di avvenimenti, per tradurre atmosfere, più di ombre che di luci, rumori di passi, odori e umori, contemporaneità e archeologia, realtà visibile e ignoto, non solo terreno.
Custerlina arrotola e svolge come un'antica pergamena una vicenda ricca di luoghi e personaggi, tra caratteri marcati, maschili e femminili, e comparse comunque "vive", e che si sviluppa tra moventi umani, demoniaci e sacri. E quando pure in un'anima sensibile e cocciuta possono vacillare i migliori precetti di fronte al pericolo o all’istinto di vendetta, un invito alla compassione può invece raggiungere anche uomini abbruttiti dalla vita o chissà, che in un gesto d'aiuto possono forse incontrare una loro estrema redenzione.
Come in ogni storia di misteri e d'avventura che si rispetti, pagine scritte, lasciate di proposito o casualmente perdute, racchiudono nuovi segreti che sembrano aprire altre direzioni, e nuovi segni che ricostruiscono, nella foschia, i punti di una mappa. Portando Adler e Hagopian vicino a Davorin, ma nello svanire di incontri possibili e più volte rimandati, lungo i binari di percorsi paralleli.
Annalisa Perini
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