Suona il sax leggendario di Kenny Garrett

TRIESTE. Duke Ellington Orchestra, Freddie Hubbard, Art Blakey e Miles Davis. Roba da far tremare i polsi. E sono solo alcune tra le straordinarie collaborazioni che, nel corso di una carriera stellare iniziata nel '78 con l'ingresso nell'ensemble guidato dal figlio del grande Duke, Mercer, può vantare il protagonista del concerto di stasera. A TriesteLovesJazz arriva Kenny Garrett con il suo quintetto (Corcoran Holt, Marcus Baylor, Vernell Brown e Rudy Bird). Al festival, il sassofonista presenterà il suo ultimo lavoro “Pushing the World Away” - seguito dell'enorme successo “Seeds of Underground” del 2012 -, con il quale ha ottenuto una della molte nomination ai Grammy Awards (quella come Miglior album jazz strumentale). In trent’anni di grandi successi, Garrett, anche ottimo compositore, è diventato uno dei principali altosassofonisti della sua generazione. Il tour che lo porterà a esibirsi alle 21 in piazza Verdi con ingresso libero sta andando alla grande. «Abbiamo cominciato a Sofia – ricorda Garrett - poi abbiamo toccato Italia, Spagna e Francia. Sta andando tutto molto bene. Qui presenteremo soprattutto pezzi dall'ultimo cd e poi anche alcuni altri brani classici del mio repertorio». Garrett si aspetta anche in città un pubblico particolarmente caloroso. «Finora il rapporto col pubblico italiano è ottimo, così come il cibo servito durante il nostro soggiorno in Italia. Gli italiani dimostrano molto amore: non so se amino la mia musica o me», sorride Garrett. «Sono molto emozionali - riprende - e questo mi piace». «Perché il mio modo di suonare risulta così particolare? Domanda interessante», commenta Garrett. Che spiega: «Una volta, ancora ragazzino, ero in macchina con mio padre (sassofonista tenore, ndr) che mi chiese chi stesse suonando alla radio. Risposi che non lo sapevo e lui mi disse che ognuno ha un suo sound. Quella frase ha piantato in me il seme che mi ha permesso poi di sviluppare un mio stile». «È bello quando ti imitano – prosegue il sassofonista che vanta il maggior numero di imitazioni -: significa che sei riuscito a toccare la gente, a entrare nel loro cuore. Avere un sound personale significa essere coerenti, integri quindi faccio in modo che il mio suono sia sempre tale. Sento se qualcuno è stato influenzato da me». La grande lezione di Miles Davis è stata il rispetto. «Miles – ricorda il musicista di Detroit - mi ha insegnato quello. Mi ha permesso di suonare con lui e da lui ho imparato a essere sempre me stesso. La collaborazione con la Duke Ellington Orchestra, ma anche con tutti gli altri artisti con cui ho avuto la fortuna di lavorare, mi ha insegnato a come fondersi con 80 musicisti: la questione è di creare non il tuo suono, ma un suono di tutti, per dare vita assieme a una voce unica». Si finisce parlando di nuovi progetti. «Sto lavorando – conclude - ad un cd, ancora senza titolo, che spero uscirà il prossimo anno. E poi continuerò a scrivere, tenere concerti, suonare...».
Gianfranco Terzoli
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