Tante opere su carta alla Torbandena da Warhol a Marini

di GIADA CALIENDO
Un interessante spunto di riflessione sulla concezione segnica e il valore gestuale ci arriva dalla mostra Works on paper allestita negli spazi della Torbandena Projects di Trieste. Rocco Ferluga è il curatore dell'evento e il giovane partner della storica galleria Torbandena a cui è affidata la programmazione del 2017 per i nuovi spazi di via San Nicolò 11. La mostra, che si concluderà a fine gennaio 2017, interamente dedicata a opere su carta, è stata presentata in contemporanea alla mostra del grande artista austriaco Hubert Schiebl che è attualmente in esposizione a Vienna. Il museo austriaco del Belvedere, infatti, ha offerto al celebre protagonista della pittura astratta ampio spazio dedicandogli una vasta rassegna che racchiude gli ultimi dieci anni della sua sperimentazione. In via San Nicolò al primo livello della Torbandena Projects troviamo le grandi tele di Schiebl: dipinti che cambiano d'intensità cromatica secondo il volgere del giorno. La luce gioca deliziosamente con i quadri trasformando le iniziali cromature astratte in immaginifiche rappresentazioni. Increspature argentee si esaltano mediante il caldo bagliore dei raggi che penetrano attraverso i vetri.
Al piano superiore dello spazio espositivo, si colloca, Works on paper, una ventina di lavori di artisti molto differenti tra loro per nazionalità e creatività il cui fil rouge è la realizzazione su carta delle proprie opere. Posizionato sopra la bella scalinata di legno c'è un angolo dedicato alla pop art americana degli anni sessanta con due inviti originali della Leo Castelli Gallery per le esposizioni del 1963 e 1964 di Roy Lichtenstein e Andy Warhol e una serigrafia dello stesso Warhol con l'immagine della celebre zuppa Campbell, simbolo del consumismo sfrenato e dell'omologazione.
La mostra presenta opere di Edo Murtic, di Sam Francis, di Mark Tobey, che lavorano sulla cromia del blu, periodi storici diversi non infastidiscono il fruitore che invece si avvicina incuriosito ai lavori di Lisa Esteban, Oscar Dominguez, Roberto Matta. La veridicità dell'opera d'arte non è proporzionata al materiale di cui è composta o su cui è dipinta ma sta nel concetto supportato da una profonda contemporaneità che lascia un messaggio interpretativo. Tra teoria e interpretazione - scriveva il critico d'arte Filiberto Menna - si stabilisce così una relazione aperta, mobile, in cui le parti giocano di volta in volta un ruolo dotato di una propria autonomia relativa.
Proseguendo nelle sale vi è esposto un interessante lavoro di Gao Xingjian e una fotografia di Robert Mapplethorpe del 1984. Per la sua forza espressiva e l'uso "spalmato" del nero si distingue l'opera di Miquel Barcelò "Piroga nel Mali" del 1988. Barcelò è l'artista che la Spagna ha scelto come suo rappresentante alla 53° edizione della Biennale di Venezia; i suoi temi sulla natura sono spesso scuri, densi impasti pittorici dalle reminiscenze arcaiche. Un'eleganza geometrica distingue il collage di Agostino Bonalumi del 1973, segue l'opera di Carlos Lizariturry del 2012 quest'ultima creata con la medesima tecnica artistica, arricchita tuttavia dall'uso della tempera.
Nell'ultima sala si trova l'opera "Cavallo e Cavaliere" del 1955 di Marino Marini che è l'immagine portante della mostra. Ad accompagnarlo nella tematica un delicatissimo inchiostro brunito di Paul Klee. Un'esposizione molto ricca in cui si determina che se in alcuni artisti il segno è legato alla rapidità del tratto, alla necessità della velocità dell'esecuzione, in altri rimane valido il concetto di lentezza quale valore aggiunto alla meticolosità e all'efficienza del messaggio intrinseco. Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, - diceva Picasso - ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole.
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