Tirannosauri al cinema da Spielberg in poi i mostri diventano cult

di Paolo Lughi Preparatevi a vedere il più grande predatore mai esistito. Dove? Al cinema? Niente affatto: all'Expo di Milano, che esibisce nel Museo di Storia Naturale la recente scoperta dello...
Di Paolo Lughi

di Paolo Lughi

Preparatevi a vedere il più grande predatore mai esistito. Dove? Al cinema? Niente affatto: all'Expo di Milano, che esibisce nel Museo di Storia Naturale la recente scoperta dello scheletro del gigantesco Spinosauro. Una mostra che prende il testimone da un'altra analoga dei mesi scorsi alla Sapienza di Roma, con quaranta riproduzioni a grandezza naturale di dinosauri. Mentre anche a Trieste, al Castello di Miramare, fino ad aprile si sono visti dinosauri in 3D lunghi più di dieci metri.

Se questi straordinari mostri si sono estinti milioni di anni fa, nel 2015 il loro mito invece è più vivo che mai. Neanche l'Expo ha saputo resistere infatti al loro popolare fascino, e in attesa di "The Good Dinosaur" (Pixar) in autunno, il film dell'anno (nelle sale da domani) è proprio "Jurassic World", il quarto sequel del fortunatissimo "Jurassic Park" (1993) di Steven Spielberg.

È da quel film e da quella data, 22 anni fa, che i lucertoloni giganti nostri progenitori sono diventati oggetto di culto, curiosità e divertimento da parte del pubblico di tutto il mondo e di tutte le età. Sono diventati un mito scientifico o ludico per tutta la famiglia, ci fanno compagnia ovunque, dai grandi parchi a tema agli armadi dei giocattoli, dai videogiochi ai libri di testo.

Per capire meglio come si è arrivati a questo fenomeno postmoderno prima impensabile, torniamo indietro nel tempo a quel 1993, quando Spielberg concepì "Jurassic Park", il primo grande film realizzato con l'allora neonata “computer grafica”. Erano gli albori della rivoluzione digitale che ora domina le nostre vite. Internet stava nascendo, i telefoni cellulari si stavano diffondendo, i primi "attori" artificiali creati dagli effetti visivi arrivavano sugli schermi (il cyborg T-1000 di "Terminator 2", 1992). E poi, conclusa la Guerra fredda e dissolte le ideologie, ecco che la minaccia di Saddam e il primo attentato alle Torri gemelle agitavano nuovamente lo spauracchio delle guerre di religione, suscitando nuove paure più arcaiche, ancestrali, imprevedibili.

In questo contesto, Spielberg trovò nella rappresentazione realistica (dinamica e in carne e ossa) dei dinosauri, il simbolo insieme più significativo, stupefacente e inquietante del futuro in cui si stava entrando (si guardava al 2000 allora): un mondo sempre più caratterizzato dall'incredibile capacità illusionistica delle nuove tecnologie, dal saper creare realtà "virtuali".

Non era certo la prima volta che i dinosauri arrivavano sullo schermo, ma erano sempre stati i mostri più difficili da rappresentare, tanto che anche Godzilla aveva avuto poco successo in Occidente. E già nel 1933, recensendo il primo "King Kong", l'autorevole critico della "Stampa" Mario Gromo scriveva: «Questi mostri antidiluviani, dinosauri & C., sono tutti timidi ed epilettici: si muovono lentamente e a scatti, come vogliono i meccanismi a orologeria che li governano. Si salva King Kong, perché il terribile orango non è che un uomo camuffato».

Ecco, la sfida vincente di Spielberg fu nel riuscire a mostrare ciò che prima di allora sembrava impossibile, facendo rivivere davanti agli occhi, quasi fossero realtà, delle creature preistoriche. I dinosauri hanno sempre avuto questo fascino in più rispetto agli altri "mostri" di fantasia: il fatto che fossero davvero esistiti prima di noi, più smisurati e terribili di ogni nostra immaginazione. Inoltre, Spielberg ebbe l'intuizione di non limitare la rappresentazione a un singolo "mostro", come era sempre avvenuto nel cinema fantastico, ma di proporre una tipologia ampia e paurosa, dal T-Rex ai Velociraptor (vere sorprese del film, diventati beniamini del pubblico).

Il tema centrale del primo "Jurassic Park" è quindi la "visione" di qualcosa di eccezionale, alludendo in un gioco di specchi anche al cinema stesso e a Hollywood. Un tema che infatti è il motore stesso della vicenda, dato che nel film si parla di un parco prossimo all'apertura dove i visitatori saranno chiamati a vedere, come in uno spettacolo, il fenomeno dei dinosauri clonati. Un sogno visionario dal successo incerto, un giocattolo pericoloso e folle come in fondo lo sono sempre stati anche i kolossal hollywoodiani, nonostante i mezzi profusi dall'industria e la passione dei registi (e l'inventore del parco nel film è interpretato proprio da un regista, Richard Attenborough).

La scena chiave di "Jurassic Park", quella che dà la svolta alla sua originalità, arriva non subito, ma a un quarto della storia. È quella in cui i protagonisti Sam Neill e Laura Dern "vedono" per la prima volta i dinosauri nel parco. Ma prima di condividere con noi questa visione, Spielberg ce la nasconde, ci fa attendere, ci mostra solo il loro sguardo esterefatto mentre scendono dalla jeep e salgono su una collinetta, e poi solo alla fine di questa suspense la cinepresa si sposta fuori campo e possiamo vedere anche noi il "Jurassic Park".

Una sequenza fondamentale nell'economia del film e nella poetica di Spielberg, che non a caso cita la scena chiave del precedente "Incontri ravvicinati del terzo tipo" (1978), quando Richard Dreyfuss e Melinda Dillon scendono stupefatti dall'auto, salgono una collinetta, e da lì guardano, finalmente insieme a noi, la montagna dove incontreranno gli extraterrestri.

Ma il primo "Jurassic Park" aveva un altro tema chiave, che era quello dell'importanza della famiglia, con la responsabilità paterna (un "must" di Spielberg) che interviene e la ricompone mentre essa è frammentata o minacciata da un pericolo. Ieri come oggi, alla fragilità delle strutture materiali e sociali Hollywood risponde ricompattando la famiglia, sia nelle storie raccontate sullo schermo, sia nel "target" dei film proposti. Così questo 2015 è caratterizzato da sequel di campioni d'incasso anni '90 "family friendly": non solo "Jurassic World" ma anche "Terminator Genesys" con l'inossidabile Schwarzenegger, "Mission Impossible 5" con Tom Cruise, fino all'ennesimo "Star Wars", "The Force Awakens", con il vecchio cast della trilogia iniziale. L'idea per risolvere la crisi delle sale è chiara: riportare le famiglie al cinema.

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