Torna “Il ciarlatano” di Isaac B. Singer l’uomo senza qualità che rincorre la vita

Immaginate un Woody Allen del periodo d'oro, quello degli anni Settanta, ma anche quello più tardo, della 'Maledizione dello scorpione di giada': parolaio, contorto, in bilico tra elucubrazioni filosofiche e religiose, assillato da mille donne in cui ripone una salvezza ogni volta delusa, avvilito dagli psicanalisti, tormentato dai trabocchetti di una vita da cui si divincola guizzando con una battuta fulminante. E ora prendete in mano il libro di Isaac B.Singer “Il ciarlatano”, appena ripubblicato da Adelphi (268 pagg., 20 euro) e vedrete come per magia che la figura del personaggio protagonista del romanzo sembra scritta apposta per Woody. Tanto che viene da chiedersi se lo scrittore yiddish scomparso ormai un trentennio fa, che aveva licenziato questo libro nel 1968 - quando Allen doveva ancora girare “Prendi i soldi e scappa” ma era già un comico notissimo per i suoi sketch e i pezzi che scriveva per il New Yorker - non fosse stato suggestionato dal nevrotico folletto.
È noto che per molti critici Singer dia il meglio di sé nei racconti e viceversa nel passo lungo del romanzo perda qualcosa; Giorgio Voghera, ad esempio, sosteneva che c'era qualcosa di macchinoso nei romanzi singeriani, che l'affastellarsi dei personaggi stancava il lettore. Bisogna tenere presente che nella produzione di Singer c'è un prima e un dopo. Il prima è la Polonia ebraica del suo mondo sommerso, fatto di piccoli villaggi, di studenti di Yeshivah, di rabbini in lotta con il demonio, l'umanità variopinta della Varsavia di via Krochmalna, la strada-universo da cui Singer ha tratto un caleidoscopio di storie e personaggi per fissarli in maniera vivissima e indimenticabile in libri come “Shosha” o “La famiglia Moskat” o nei racconti di “Gimpel l'idiota”. Il dopo è l'America, terra salvatrice per lui e per altri ebrei scampati alla Shoà. New York è il centro di questa comunità di sradicati, arrivati con il visto turistico, mezzi apolidi, che hanno lasciato parenti e amici in quell'Europa che Hitler sta rapidamente assoggettando. Alcuni, come Morris Kalisher, hanno imparato subito a cavarsela, e anche se parlano un inglese stentato, non hanno perso la capacità di fare affari e soldi in un paese che apre le porte agli intraprendenti. Altri, come il suo amico Hertz Minsker, vivono sballottati dagli eventi, senza sapere cosa fare. Quattro matrimoni alle spalle, l'ultima moglie, Bronia, che ha lasciato per lui due figli piccoli nella Varsavia occupata dai nazisti, un libro cui sta dietro da anni senza mai arrivare a finire il primo capitolo, Hertz è un erudito, ma anche un uomo senza qualità con una grande passione, le donne. Non che faccia niente per conquistarle, sono piuttosto loro che, come se fossero ipnotizzate dallo scorpione di Giada del film del suo alter ego Woody Allen, vengono attratte nel cerchio magnetico di questo ciarlatano. Hertz ha la capacità di complicarsi la vita, lo sa benissimo e non gli fa difetto la spudoratezza. Così, dopo aver ricevuto qualche dollaro dal suo amico Morris, che lo stima sinceramente, eccolo telefonare alla moglie dell'amico, con cui ha una tresca. È solo l'inizio di una storia in cui Singer sfodera la sua capacità di contemplare e riprodurre la vita in tutti i suoi aspetti; col suo stile rapido ed essenziale mette sotto gli occhi un'inesausta molteplicità di personaggi, circostanze, situazioni.
In realtà, riflette Hertz, il termine ciarlatano non gli aderisce perfettamente: “I ciarlatani navigati si fanno mantenere da donne ricche, ma lui non era nemmeno capace di questo. Era un gigolò filantropo, un ruffiano dilettante”. I suoi sensi di colpa svaniscono però subito, nonostante rifletta lungamente sulla religione, non riesce ad esserne coinvolto. Irresponsabile edonista, porta il caos e poi approfitta di uno spiraglio per infilarsi dentro. Come un dybbuk, uno spiritello, si insinua nella vita delle persone e le stravolge, ma nessuno riesce, nemmeno il lettore, a detestarlo. Aveva ragione Manganelli: “Singer è affascinante in modo intollerabile”. —
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