Tra pittura, amore, desiderio il Sintagma di Giorgio Paladini

L’ex primario di Ematologia all’ospedale Maggiore di Trieste firma una storia dove la vicenda di un medico si intreccia a quella di un artista e di un celebre dipinto
Mary Barbara Tolusso
Silvano Trieste 31/10/2013 In visita alla nuova ala dell'Ospedale Maggiore
Silvano Trieste 31/10/2013 In visita alla nuova ala dell'Ospedale Maggiore



“Sintagma” dal greco significa composizione costruita secondo un ordinamento prestabilito. È il titolo del romanzo di Giorgio Paladini, “Sintagma” appunto (Armando Azzola Editore, pagg. 274, euro 16), che compie un lungo giro per seguire e stabilire quell’ordine.

Paladini è conosciuto ai più come medico, veneziano, primario di Medicina e poi di Ematologia all’ospedale Maggiore di Trieste. E infatti il protagonista è un medico, Giovanni, giovane di bell’aspetto, ligio al suo dovere di guardia notturna, tanto da salvare, in giro per le calli di Burano, un uomo in fin di vita che poi si rivelerà essere un celebre critico d’arte.

Ma di faccende mediche ce ne sono poche, nel libro. Piuttosto tutto ruota intorno alla pittura, nello specifico a un artista vissuto nella prima metà del Novecento, Gino Rossi, di cui lo stesso Giovanni è grande stimatore insieme ad altri amici, tutti artisti, che inseguono il mito di Rossi grazie al ritrovamento di un quadro. Non suo però. Il dipinto porta un’altra firma, quella del ben più popolare Amedeo Modigliani. Di capitolo in capitolo si dipana la vita di Rossi, soprattutto il suo soggiorno a Parigi, da dove ritornò con alcune opere tra cui il famoso dipinto “La fanciulla del fiore” di Modì, lo stesso al centro del libro di Paladini.

L’arte diventa uno specchio esistenziale per Giovanni. Perché certo, la sua attività è dedita alle discipline scientifiche, ma è nel respiro della bellezza che la sua personalità matura. Della bellezza e dell’amore. Tra i tanti spostamenti, i dialoghi con gli amici, la sofferenza e il dolore degli altri a cui il suo lavoro lo sottopone, Giovanni incontra l’amore, una piccola francese che ci appare come una raffinata Lolita, una ragazzina che sembra sintetizzare l’innocenza dell’arte e della grazia, una sorta di dipinto in carne e ossa e non a caso sembra la copia della “Fanciulla in fiore”.

Ma più che all’amore Giovanni – di temperamento forte e anarchico – pare inseguire le leggi del desiderio. L’idea di desiderio torna sovente nel romanzo, definito con più metafore, sempre rispondenti alla stessa formula, ovvero che «Solo quando si desidera si è vivi».

Perché appunto il desiderio, a differenza della speranza, è qualcosa che dipende solo da noi stessi, non dagli altri.

Di sfondo Venezia, New York e il porto bretone di Douarnenez, un luogo incantevole ma anche amaro in base alle condizioni sentimentali dei protagonisti. C’è la Francia, evocata più volte per le vite degli artisti che i protagonisti inseguono e non solo. Ma c’è anche Venezia, descritta in una planimetria precisa, a tratti poetica, luogo di grandi uomini creativi, ma anche di scienzati come Franco Basaglia. Nel suo “Sintagma” l’autore infatti percorre più strade, specchi esistenziali che spesso coniugano l’arte e la follia. —

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