Tra stalker, schiave, toyboy erotismo per romantici fuori moda

Massimiliano Parente pubblica con La nave di Teseo una raccolta irriverente con i disegni inconfondibili di Gipi che illustrano un sesso sempre più concettuale
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Federica Gregori

La cover attira, e unita alle dimensioni mignon ne fa un oggetto seducente che ti aggancia al primo sguardo. D'altronde Massimiliano Parente è tutto fuorché un tipo grigio o ordinario, e il nudo di donna con tanto di seno censurato stile locandina sexy di una volta e la testa di una Minnie raggiante e un po' ebete - realizzato da Max Papeschi, amico e sodale dell'autore - suggerisce che ci troviamo in territori dove il reale è solo apparente, con i piani che si mescolano e si confondono, spiazzandoci non poco. Anche il titolo, a lettura ultimata, sembra fuorviante: "Tre incredibili racconti erotici per ragazzi" (La nave di Teseo, pagine 59, euro 10), ultimo lavoro dell'eclettico scrittore grossetano autore di "Trilogia dell’inumano", è un libriccino originale e irriverente, leggero ma con punte brillanti e caustiche, che si rivolge, più che ai ragazzi, a noi adulti, più o meno cresciuti. Soprattutto, credere che si tratti di uno sguardo sull'eros è limitante: sono piuttosto istantanee tragicomiche sulla nostra contemporaneità sempre più frammentata, spesso indecifrabile, in un mondo che ha perso pezzi e punti di riferimento.

Minimal nella portata - lo si gusta in poco più di mezz'ora - ha anche il pregio di riportare in auge la modalità del racconto, spesso guardata con sospetto. Qui ne troviamo tre in tutto, aperti ciascuno da un disegno di Gipi: il tratto dell'artista pisano è come al solito inconfondibile e introduce, con illuminante spirito di sintesi, tre capitoli su situazioni paradossali, fil rouge un sesso sempre più concettualizzato e simbolico.

Nel primo, la voce che ci arriva è quella di uno "Stalker" (così il titolo), che si rivolge direttamente a chi sta per prendere una decisione sull’«incidente» da lui causato. «Voglio parlare a nome di tutti gli innamorati, signor giudice», proclama.

Persa la testa per un'influencer di grido, l'io narrante sviscera tempi e accadimenti della sua passione a distanza, incoraggiata contro ogni aspettativa da una lei che prima gli concede un appuntamento via Twitter, poi gli dà buca, bloccandolo e cancellandolo progressivamente dai social. Da un corteggiamento educato e a distanza, la cosa gli sfuggirà ovviamente di mano. Ma si difenderà a spada tratta: «Prima fate di tutto per ossessionarmi, poi mi punite perché mi ossessiono. Prima mettete online i vostri culi, le vostre tette enormi, le vostre faccine con l’occhiolino, poi bloccate la gente? Non dovrebbe essere reato far soffrire gli altri?».

C'è ironia lieve, ma anche sarcasmo e provocazione, con buona pace dei principi del #metoo. Lei è una «simulatrice di emozioni», i media istigano, è come una spirale che ti avviluppa. E Dante allora, s'interroga il protagonista, non sarebbe stato da arrestare? E Leopardi che spiava Silvia? La letteratura, sembra dirci l'autore, è da sempre basata su questo tipo di ossessione amorosa, fino a tirare in ballo l'«eroe romantico per eccellenza», che non sveliamo per non rovinare la sorpresa.

Una scrittura che diventa maggiormente sapida nel secondo racconto, più estremo e grottesco, che racconta la progressiva riduzione in schiavitù dello "slave" protagonista - "per essere felici ci vuole coraggio" è il suo credo - mentre in quello conclusivo, il breve "Toyboy", la leggerezza sembra svanire per lasciare il posto a un epilogo feroce sulla finzione e gli autoinganni che siamo disposti a mettere in atto «per fare finta di essere ancora vivi».

Quello di Parente è uno sguardo sicuramente originale che mira a rileggere situazioni reputate estreme dalla morale comune con lo scopo di offrire un'altra chiave di lettura, per meglio comprenderle o almeno non temerle. E sono talvolta storture e perversioni dove il sesso, paradosso dei paradossi, non fa nemmeno capolino. —

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