Trieste, quando teatro e musica scendono in strada

La cultura underground di Trieste, quella estranea ai circuiti ufficiali, è fatta di spettacoli comico-fantastici e “circo povero”, clown in ospedale e minuscoli teatri pop-up, riflessioni sulla guerra nelle trincee, improvvisazioni dadaiste e cene con delitto. Ma anche di burattini e fisarmoniche indurite dal tempo e dalla bora. La controcultura è sempre stata anche e soprattutto di strada. Trieste non fa eccezione. Scelta di vita o necessità, momento di entrata, di uscita o di passaggio: quando ci si esibisce “a cappello”, il rapporto col pubblico è una filiera molto corta.
L’universo creativo lontano dai riflettori, che la piattaforma comunale stradaperta.it cerca maldestramente di mappare, è fatto (anche) di professionisti del teatro e della musica a tutto tondo. Gente che viene da esperienze artistiche decennali, è a proprio agio citando Beckett, con le teorie di pedagogia o le armonie della musica klezmer. Gente che la strada l’ha scelta come operazione espressiva consapevole, di rottura.

Tra loro c’è Andrea Neami, attore triestino con una lunga esperienza maturata con la compagnia Petit Soleil di Aldo Vivoda, che quest’anno ha festeggiato il ventennale riproponendo lo spettacolo comico-fantastico “Hotel Babele”. «Il teatro non è un’istanza culturale che sta tranquilla nel suo edificio, ma vive nelle strade», commenta Neami. Capofila dell’associazione culturale LaFaBù, nata per portare un sorriso ai malati negli ospedali e che oggi si occupa principalmente di teatro per ragazzi, parallelamente alla sua attività in scena organizza laboratori e seminari per preparare i ragazzi a salire su un palco.
«Un giorno con mia moglie Sharon abbiamo avuto l’idea di portare materialmente il teatro al pubblico, visto che il pubblico va poco a teatro». Nasce così l’esperimento del “Più Piccolo Teatro del Mondo”, un minuscolo spazio in strada protetto da tende che offre sketch comici a chi entra per curiosare. Tra un progetto e l’altro (tra cui l’Ape Dada, che porterà l’improvvisazione itinerante fino a Zurigo a bordo di una tre-ruote), Neami ha introdotto in città un classico dei paesi anglosassoni, la Cena con Delitto. Con l’aggiunta di un tocco comico e cabarettistico, è stata inscenata in case private, trattorie e perfino nella Grotta Gigante, la notte di Halloween.
L’incontro con l’artista visuale Davide Skerlj e il regista Giovanni Pianigiani ha portato alla creazione di uno spettacolo basato sul libro di Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità, in odore di debutto tra le trincee austriache del Bunkermuseum di Arnoldstein. Ma Trieste, si sa, è città in cui tutto si tocca e tutto cambia forma.
La fisarmonica del virtuoso. E così i compagni di avventure di Neami all’epoca del rocambolesco spettacolo “Circo Povero” («un po’ zingarata e un po’ felliniano»), creato con l’associazione friulana Furclap di Vanni Floreani, sono ancora per le strade. Per scelta, anche politica. Sono scomparsi i giocolieri e i suonatori, bulgari e slovacchi, di fine anni ’90 («nessuno sa più dove sono»), ma resiste la fisarmonica di Fabio Zoratti, decano dei musicisti di strada triestini. «Siamo una decina che cercano di mantenere questa professione qui in città», racconta lui che in passato ha lavorato spesso con Lacosegliaz.
«A volte è dura, la città è un po’ avara con i suoi artisti. Quasi assomigliamo a chi fa la carità, e la gente si chiede perché questi musicisti sono in strada. Manca loro qualcosa? Si sono deprezzati? Niente di tutto questo. Altrimenti avrei continuato a suonare ad ingaggio. L’artista di sala o di teatro è soggetto a regole. Ma io sono più libero di soddisfare i miei bisogni artistici. Non quelli del pubblico». Zoratti lamenta l’impossibilità con il nuovo regolamento comunale di esibirsi «dove e quando vuoi in città»: è infatti necessario prenotare uno spazio sulla piattaforma degli artisti di strada, con limitazioni di orari e frequenza.
«I veri musicisti tradizionali, gli zampognari, sono banditi da Trieste ora che la musica itinerante è vietata». Le sue performance raccolgono un vasto repertorio folk italiano e balcanico, swing e musica cantautoriale. La sua fisarmonica «è una piccola orchestra» che attacca solitamente con Vecio Amor, di Paolo Paolin & i Rocciosi.
Dal palco ai burattini. In Piazza Cavana si incontra spesso un suo vecchio amico, Maurizio Silvestri, attore di lungo corso (gli inizi con la Contrada) e fondatore del Teatro della Luna. Si è preso un anno sabbatico dai suoi progetti (educazione pre-musicale per l’infanzia) per portare al pubblico una proposta minimale: Pandora, ovvero uno spettacolo di burattini senza musica né parole. «Il mio è un teatro elementare e immediato, nel senso di “non mediato”», dice Silvestri, delegato locale della Fnas, Federazione Nazionale Arte di Strada. «Il pubblico passa e coglie quello che vuole: nasce passante, e sta allo spettacolo farlo diventare pubblico. Noi artisti di strada siamo indeterminabili: non possiamo sapere cosa faremo nell’istante successivo. Ma il nostro impatto sul tessuto sociale della città è fondamentale».
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