Trieste vista dal carcere, cent’anni di memoria

di CLAUDIA SALMINI*
Trieste vista dalle finestre del Coroneo: così si intitola, con una prospettiva rovesciata, il convegno voluto e promosso dalla Direzione della Casa Circondariale di Trieste, nella sua stessa sede, e su iniziativa di Anna Buonomo e Annamaria Peragine, per ricordare i cento anni dell'esistenza di questa istituzione, insieme all'Università degli studi e all'Archivio di Stato di Trieste di via La Marmora, dove è stato da poco trasferito l'archivio del Coroneo. Proprio su queste carte vale la pena di soffermarsi: perché sono il presupposto degli studi e delle ricerche condotte dagli storici. Si tratta di una fonte particolarmente importante perché relativa ad anni cruciali per la storia, non solo triestina, del secolo scorso: il ventennio fascista, gli anni delle leggi razziali, della seconda guerra mondiale, delle deportazioni in massa degli ebrei di passaggio a Trieste, della Risiera, della questione triestina e del Governo Militare Alleato. Eventi storici e vicende individuali si intrecciano strettamente, così come si alternano le carcerazioni come conseguenza di reati comuni con quelle di carattere politico o razziale.
Si tratta di 352 tra registri e rubriche, suddivisi tra le tre sedi di provenienza: ai Gesuiti, in via Tigor e al Coroneo. Sono in prevalenza matricole dei detenuti (e delle detenute), che riportano i dati essenziali dei singoli carcerati: dati anagrafici, connotati salienti, motivo della detenzione, mestiere: postino, calderaio, cameriera, carpentiere in ferro, fabbro, macellaio, commerciante…
Si scopre la differente condizione di ciascun carcerato: chi è fermato soltanto, chi è in attesa di giudizio, chi è condannato a pene lievi, chi ha riportato, nella colonna dedicata al tempo di detenzione prescritto, il termine della pena.
Si è pensato proprio a queste fonti per coinvolgere gli studenti della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica, per insegnare con un caso concreto come impostare un lavoro. di ordinamento e descrizione archivistica. Non c'è niente di meglio, per rendere interessante lo studio, che provare a metterne in pratica i contenuti. Questi registri erano appena arrivati, descritti solo sommariamente e andavano superati da uno studio storico specifico, e da una schedatura dettagliata.
L'esperimento didattico è riuscito: grazie anche all'emozione di toccare con mano pagine di storia, casi di persone che sono vissute e hanno sofferto punizioni o persecuzioni; nel leggere i loro nomi, e nel vedere apparire i primi casi di impronte digitali, si è catturato immediatamente l'interesse degli studenti. Molte le domande, cui talvolta era difficile dare risposta, perché non esistevano ancora studi specifici - libri, articoli, saggi - sulla storia delle carceri a Trieste. Bisognava procedere e indagare in prima persona.
Il fondo è stato trasferito parzialmente, procedendo per gradi a partire dalle serie più facilmente riconoscibili (i registri), rinviando a un secondo tempo il lavoro più lungo e complesso sui fascicoli dei detenuti e sulle altre serie, che rimangono presso la Casa Circondariale.
È stato un lavoro di squadra. I registri sono stati individuati e sommariamente elencati da Francesca Falco dell'amministrazione carceraria, con il coordinamento dalla Direzione dell'Archivio di Stato, ma più nel dettaglio da Chiara Artico, giovane e competente funzionaria archivista. Il trasporto dei registri e delle rubriche è avvenuto con i mezzi dell'amministrazione carceraria, e con l'apporto dei detenuti ammessi al lavoro esterno.
Ci si è mossi così in due direzioni. Da un lato, la ricerca delle fonti per ricostruire la storia istituzionale della struttura carceraria che aveva prodotto i documenti, e dall'altro l'analisi approfondita dei singoli registri e la loro schedatura, fino alla redazione dell'inventario, che comprende una parte introduttiva nella quale si ricostruisce la storia delle tre carceri triestine. L'inventario, che non può dirsi ancora concluso, pure è stato fin dall'inizio messo a disposizione degli studiosi, in primo luogo quelli coinvolti nel seminario.
Una prima tirocinante, Alice Morgan, si è dedicata alla ricerca soprattutto per la sede di via Tigor, sede attuale della Biblioteca civica (si intravedono nella struttura attuale i numeri delle stanze e delle celle). Le è poi subentrata una seconda stagista, Valentina Stanisci, che ha proseguito con grande disponibilità e cura il lavoro, con l'aiuto di Chiara Artico e mio, portando a termine quanto era stato solo impostato con gli altri studenti.
L'inventario prodotto è, che io sappia, l'unica fonte fino ad ora disponibile per orientare lo studioso sul tema delle carceri triestine.
Se confrontiamo - solo per la quantità delle fonti del Novecento - la documentazione triestina con quella conservata negli altri Archivi di Stato italiani, Trieste si attesta ai primi posti, e segue Torino ("Le Nuove"), insieme a Firenze, Milano, Perugia e Mantova.
Un interrogativo da approfondire è sulle fonti carcerarie triestine ottocentesche, che restano da indagare e, se sarà possibile, rintracciare.
E' intenzione della Direzione della Casa circondariale, con l'Università di Trieste e l'Archivio di Stato, organizzare in una sede più ampia un incontro aperto alla città, che accolga studenti, insegnanti e persone interessate a condividere l'importante capitolo di questi cento anni di vita carceraria del Coroneo.
*Direttrice dell’Archivio di Stato di Trieste
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