Trionfa Simona Vinci con la sua “verità” sul manicomio-lager

Tra i Giovani non ce l’ha fatta la triestina Gaia Tomassini in finale con il racconto “Benedetta si è tinta i capelli”
Interpress/Mazzega Venezia, 21.06.2016.- Finalisti Premio Campiello 2016.- Simona Vinci
Interpress/Mazzega Venezia, 21.06.2016.- Finalisti Premio Campiello 2016.- Simona Vinci

ALESSANDRO MEZZENA LONA. Si accettavano scommesse per un duello tra scrittrici. È così è stato. Il Campiello numero 54 è andato a Simona Vinci e al suo romanzo "La prima verità" (Einaudi) dopo un serrato testa a testa con Elisabetta Rasy e "Le regole del fuoco" (Rizzoli). Settantanove i voti per la vincitrice contro i sessantaquattro della sua sfidante. Terzo incomodo, un po' a sorpresa, Andrea Tarabbia con "Il giardino delle mosche" (Ponte alle Grazie) con 62 preferenze. Staccati Luca Doninelli con "Le cose semplici" (Bompiani) con 41 e Alessandro Bertante con "Gli ultimi ragazzi del secolo"(Giunti) con 34.

Ha vinto, insomma, il romanzo della scrittrice che il Campiello lo aveva già sfiorato due volte. E che ha avuto il coraggio di dare voce a una delle vergogne dell'Europa moderna: il manicomio-lager dell'isola di Leros in Grecia. Questa storia, dura e dolorosa, ma anche poetica, è piaciuta più della scandalosa vicenda d'amore tra donne ambientata dalla Rasy sul fronte della Grande guerra.

La serata finale del Campiello è stata un mix saporito di letteratura e divertimento. Condotta tra gag e trovate dall'ormai collaudata coppia campiellesca Gepi Cucciari-Neri Marcorè, che si è esibito pure come musicista.

I cinque finalisti sono passati, come sempre, al vaglio della giuria popolare. Che, quest'anno, poteva contare alcuni volti famosi (il comico Luca Bizzarri, che ha presentato anche il Festival di Sanremo nel 2011 in coppia con Paolo Kessisiglu; l'attore Alessandro Haber; il giornalista Oscar Giannino). Ma anche tanti anonimi lettori (sette dal Friuli Venezia Giulia: tre di Trieste, uno di Ronchi, uno di Monfalcone, uno di Udine e uno di Cordenons).

Quasi per un atto estremo di scaramanzia, Tarabbia ieri mattina si era chiamato fuori dalla gara. Giocando un po' con le previsioni di vittoria, in conferenza stampa al Museo Correr, aveva detto con un sorriso grande così: «Mi auguro che gli altri quattro miei colleghi vincano ex-aequo, così io passo alla storia del Premio».

Bella l'idea, quest'anno, di chiamare personaggi famosi per consigliare i cinque libri finalisti. Adriano Panatta ha tirato la volata a Bertante, Antonio Cornacchione alla Vinci, Giovanni Allevi a Doninelli, Enrico Bertolino a Tarabbia, Raoul Bova alla Rasy.

Felice Simona Vinci, che era un po' stufa di collezionare premi di consolazione a Venezia. «Volevo fare un libro diverso - ha detto -. Io, che a 26 anni ero già nelle librerie con il mio primo romanzo. Così mi sono impegnata a costruire una storia-mondo. Dove ci fosse il dolore e la speranza. Lo scandalo del manicomio-lager di Leros, dove le persone non avevano più il loro nome, ma solo un numero. E la poesia di un grande scrittore come Jannis Ritsos, che mi ha suggerito con un suo verso il titolo». Mercoledì sarà protagonista della prima giornata di Pordenonelegge. Alla sera, alle 21, salirà sul palco del Teatro Verdi per raccontare la sua "Prima verità" e le emozioni della serata veneziana.

Pensando ai giovani del terzo millennio, Bertante ha rivendicato il diritto di non aspettare il futuro con atteggiamento passivo. «Noi ragazzi degli anni '80 abbiamo dovuto accettare quello che gli altri decidevano al posto nostro. Adesso credo che sia arrivato il momento di non accontentarsi più».

Rassegnato a galleggiare in fondo alla classifica Luca Doninelli. Forse per la mole del suo romanzo, oltre 800 pagine, anche se lui ha confessato di averne tagliare almeno altre 500. «Ho scritto la storia di una matematica perché mi affascina chi riesce a trovare nei numeri un ordine preciso del mondo».

Non contento di aver rimediato una figuraccia a Padova, il giurato "letterato" Roberto Vecchioni ha candidamente ribadito davanti alle telecamere di Rai5 che lui, i libri del Campiello, li ha letti solo in parte: «Per gli altri ho costituito un comitato di famiglia». Per una dichiarazione più o meno simile, anni fa Beppe Severgnini era uscito dalla giuria dopo un solo anno di permanenza.

Quest'anno il Campiello Opera Prima è andato a un debuttante di 58 anni. E Gesuino Nemus, che ha pubblicato la sua "Teologia del cinghiale" con le Edizioni Elliot, non ha esitato a confessare che «questo riconoscimento mi ha cambiato la vita». Visto che, finora, ha provato a fare i lavori più diversi: contadino, attore, operaio, editor. Per la prima volta è stato assegnato anche il Campiello per l'economia al giornalista Dario Di Vico del “Corriere della Sera”.

Il Campiello Giovani, un po' a sorpresa, ha regalato la vittoria alla più giovane delle cinque finalisti. Ludovica Medaglia, 17 anni, milanese che non usa Facebook, ha conquistato la giuria, e l'artistica pantegana di laguna in premio, con il suo "Wanderer (Viandante). Molto apprezzata anche la triestina Gaia Tomassini con il suo "Benedetta si è tinta i capelli ".

@alemezlo

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