Tutti gli artisti di Margherita rivive il Novecento della Sarfatti

Milano e Rovereto rendono omaggio con due esposizioni alla giornalista, storica e critica d’arte protagonista dell’epoca



Una donna colta, all’avanguardia, ambiziosa, appassionata; giornalista, storica e critica d’arte, curatrice ante litteram: questo fu Margherita Sarfatti, protagonista della scena culturale e artistica dell’Italia del primo Novecento, ambasciatrice dell’arte italiana nel mondo.

Due mostre, distinte ma complementari, la raccontano attraverso le opere degli artisti da lei promossi e sostenuti, e una ricca serie di documenti, lettere, fotografie, oggetti volti a ricreare l’atmosfera di un periodo entusiasmante e tragico insieme, dai primi anni del secolo allo scoppio delle due guerre mondiali, con l’avvento del Fascismo, la promulgazione delle leggi razziali.

A Milano, nelle sale Museo del Novecento, “Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano” curata da Anna Maria Montaldo, Danka Giacon con la collaborazione di Antonello Negri, propone 90 opere tra dipinti e sculture di 40 artisti tra cui Boccioni, Carrà, Casorati, de Chirico, Dudreville, Funi, Marini, Marussig, Rosso, Sironi e Wildt, insieme a scritti, filmati, arredi e abiti dell’epoca. Vengono ripercorsi gli anni milanesi di Margherita Grassini, a partire dal 1902 quando da Venezia, dove era nata e cresciuta in una famiglia di origine ebraica, giunge nel capoluogo lombardo insieme al marito Cesare Sarfatti e ai due figli. Da subito si inserisce nei più vivaci circoli intellettuali e salotti letterari cittadini. Collabora come critica a riviste d’impronta femminista e presto inizia a scrivere su “L’Avanti!” dove terrà una rubrica d’arte e nella cui redazione conoscerà Benito Mussolini. Ogni mercoledì sera Casa Sarfatti si apriva a letterati, intellettuali, artisti, musicisti, politici.

Margherita frequenta le esposizioni d’arte, si reca spesso a Parigi, stringe sempre nuove amicizie. Nell’immediato primo dopoguerra il suo ruolo di “regina dell’arte” inizia a delinearsi. Nel ’22 nasce il gruppo dei “Sette pittori di Novecento”, che riunisce Bucci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig, Oppi e Sironi. Nel marzo dell’anno successivo nella galleria milanese di Lino Pesaro si inaugura la prima mostra ufficiale degli artisti di “Novecento”, presentata da Margherita Sarfatti, con un intervento di Benito Mussolini, pubblicato poi su “Il Popolo d’Italia”. Nel ’24 i pittori di Novecento si presentano alla XIV Biennale di Venezia che ospita anche una personale di Felice Casorati, dove compare uno dei suoi capolavori, “Meriggio”, allora acquistato dal Museo Revoltella di Trieste, ora esposto alla mostra di Milano.

Le occasioni espositive si susseguono sia in Italia, tra Milano e Roma, che all’estero con mostre ad Amburgo, Amsterdam, Basilea, Buenos Aires, Montevideo, Stoccolma, Helsinki.

Proprio su questa straordinaria operazione di promozione dell’arte italiana tra gli anni Venti e primi anni Trenta si concentra la mostra ospitata al Mart di Rovereto intitolata “Margherita Sarfatti. Il Novecento Italiano nel mondo”. Daniela Ferrari con Ilaria Cimonetti e i ricercatori dell’Archivio del ’900 del Mart hanno curato un’esposizione risultato di una ricerca condotta in particolare sul Fondo Sarfatti, acquisito per intero dall’istituzione museale di Rovereto: vengono proposti diversi documenti accanto ad un centinaio di opere provenienti da collezioni nazionali, internazionali e di proprietà del Mart.

L’esposizione approfondisce l’intensa attività politica e intellettuale della critica a partire dalla fondazione di Novecento con la delineazione della poetica della “moderna classicità”, dove la lezione classica della grande tradizione mediterranea diviene il fondamento per il lavoro di molti artisti accomunati, come scrive la Sarfatti, dall’“aspirazione verso il concreto, il semplice e il definitivo”. C’è quindi l’entusiasmo per Mussolini e il fascismo, la biografia che la critica scrisse del duce, tradotta in varie lingue, la relazione sentimentale che la legò allo stesso Mussolini, il trasferimento a Roma nel ’28 dopo la morte del marito, le mostre all’estero, l’allontanamento, l’esilio per sfuggire alle leggi razziali.

A Montevideo inizierà a scrivere “Mea Culpa: Mussolini come lo conobbi”. Tornata in Italia nel ’47, muore nel 1961 a Cavallasca, vicino al lago di Como. —

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