Udine punta sull’arte: Casa Cavazzini ospita i capolavori delle collezioni Astaldi e Friam
Un nuovo allestimento per mostrare al pubblico le opere in un’altra veste. Tra i quadri anche un dipinto di Colette Rosselli (Donna Letizia) mai esposto

UDINE. Da sabato 16 dicembre c’è anche Colette Rosselli a Casa Cavazzini, ovvero Donna Letizia, con un ippopotamo dipinto ad olio sotto un cielo africano. (E mai esposto finora.) Ritornano, infatti, a Casa Cavazzini a Udine, dopo alcuni anni di assenza, e e soprattutto con l’esposizione di alcune novità, i capolavori delle Collezioni Astaldi e Friam (acronimo per Friul arts and monuments).
Da sabato, infatti, al secondo piano del museo d’arte moderna e contemporanea cittadino, in un restyling fresco ed accessibile, torna ad essere finalmente visibile un’ampia selezione di opere del Novecento che l’Europa ci ammira, e per quanto riguarda la Friam sicuramente priva di competitor in analoghi musei pubblici nazionali.
«Sono due collezioni dalla natura eccezionale», ci racconta Federico Pirone, assessore alla cultura, «che presentiamo in una nuova veste, e pure accessibile: creano la giusta vitalità al racconto contemporaneo di un museo ricco ed eclettico come Casa Cavazzini». E tutto questo accade al secondo piano, in uno spazio che per l’occasione guadagna metri quadri rispetto alle edizioni precedenti, mentre al piano terra si svolge la virtuosa mostra dedicata all’architetto Gino Valle, visitabile da pochi giorni (fino ad aprile 2024).
La Collezione Astaldi, frutto di una generosa donazione all’allora neonata Galleria d’Arte Moderna da parte dell’imprenditore Sante Astaldi (1895-1982) e di sua moglie Maria Luisa Costantini Astaldi (1899-1982), brillante scrittrice, traduttrice, intellettuale e fondatrice della rivista letteraria Ulisse, conduce (e seduce) il pubblico dentro un gustoso viaggio culturale.
Un imperdibile mosaico di quasi duecento opere tra acquisizioni, doni e desideri, dentro l’arte dagli anni Venti agli anni Novanta del secolo scorso. Solo per citarne alcune. Di Alberto Savinio, con cui i coniugi erano in stretta amicizia, al museo sono entrati ben quindici lavori, per non parlare dei sette dipinti di Pirandello o di quelli di Guttuso, Sironi, o dei molti De Chirico. O Morandi. Ma la novità è duplice.
Se la Collezione Astaldi la si poteva in piccola parte ancora ammirare durante gli anni scorsi, quando il secondo piano era dedicato alle mostre temporanee, dai radar era purtroppo sparita la collezione Friam, fiore all’occhiello di questa città, nata con un atto di generosità compiuto da noti artisti americani subito dopo il terremoto nel 1976. Sono centotredici le opere, pitture e sculture, eseguite tra gli anni Trenta e Settanta del Novecento, tra cui i lavori di Willem de Kooning, Roy Liechtenstein, Sol LeWitt, Donald Judd, Frank Stella.
Ora, in un’ampia e ragionata selezione le potremo riammirare, compresa la più recente donazione da parte di un mecenate: un’opera su carta di James Rosenquist, “The Stowaway Peers Out at the Speed of Light”, una litografia a ventidue colori giunta dopo la scomparsa di Rosenquist nel 2017.
La Friam è un progetto culturale che risale agli anni di governo cittadino dell’allora sindaco Angelo Candolini. Al momento dell’asta, con cui si sarebbe dovuto trasformare il regalo americano, Candolini fece marcia indietro e con gesto visionario decise di mantenere unita questa collezione, destinandola al futuro di un museo che da lì a poco sarebbe nato.
Questo è il racconto di ciò che da oggi, con la nuova visibilità data al restyling delle collezioni, continua ad essere vivo, e viaggia nell’ordine del giusto orgoglio. Basta poco per capire che l’oro ce l’abbiamo in casa, spesso molto vicino: nei depositi museali.
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