Umberto Veruda il ritrattista dei vip amico di Svevo

Giovedì al Revoltella la monografia di Claudia Crosera volume n. 19 della collana della Fondazione CrTrieste

«Non si parlava che di lui, come non si è mai parlato in città di alcun pittore»: così scriveva nel 1922 il critico Silvio Benco a proposito di Umberto Veruda, del quale evidenziava la «novità del suo modo di dipingere violento e scorretto», la «freschezza irruente di pennellate» e le «stravaganze di un dandismo eccentrico che nessuno osò mai imitare». Nato il 6 giugno 1868 a Trieste, studiò all’Accademia di belle Arti di Monaco per poi giungere a Parigi dove frequentò l’Académie Julian. Si recò quindi a Roma, a Venezia e Vienna, tornando più volte a Parigi, andando a dipingere anche a Londra. Espose a Berlino, Napoli, Palermo oltre che a Roma, Trieste, Monaco, Venezia e Vienna. Morì a Trieste il 29 agosto 1904, a soli 36 anni.

Il suo breve ma intenso percorso artistico è stato attentamente ricostruito dalla studiosa Claudia Crosera nella diciannovesima monografia della Collana d'Arte della Fondazione CRTrieste, che sarà presentata giovedì alle 18, all'auditorium del Museo Revoltella da Vania Gransinigh, direttrice di Casa Cavazzini-Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine.

In 446 pagine si raccontano gli anni della formazione, la partecipazione ai concorsi, la ricerca d’affermazione, le mostre; la sua specificità nell’ambito della ritrattistica, i suoi mecenati e committenti, l’amicizia con lo scrittore Italo Svevo, per passare quindi al catalogo delle opere (con 234 dipinti e 71 disegni individuati), all’antologia critica, l’elenco completo delle esposizioni e bibliografia. Tra i vari pregi del volume va segnalata la ricchezza di riproduzioni di fotografie d’epoca come quelle che ritraggono l’artista con un gruppo d’amici al Circolo Artistico di Trieste, oppure da solo in piazza di Spagna a Roma, con cilindro e bastone da passeggio per Parigi o ancora nel suo studio mentre dipinge il “Ritratto di uno scultore”. Diverse sono inoltre le immagini fotografiche che documentano la frequentazione di Villa Veneziani Svevo: «più che amici, fratelli» scrisse Veruda nella dedica apposta sul ritratto di Italo Svevo dipinto nel 1892. «La loro intesa spirituale fu completa – riferirà del resto anche Livia Veneziani, moglie dello scrittore – c’era fra loro un’analogia di destino: ambedue si sentivano incompresi».

Sin dall’inizio Umberto Veruda si distinse per «l’impronta della modernità»: la critica del tempo metteva in evidenza la sua tavolozza vigorosa, il suo tocco libero, i suoi giochi di ombra e di luce «arditi e riusciti»; gli riconosceva «raro ingegno pittorico» ma, in qualche caso, giudicava la sua pennellata troppo frettolosa e le sue tele alla stregua di abbozzi. Scene di genere, qualche paesaggio, soggetti di carattere lacrimoso e i primi ritratti segnano gli esordi dell’artista.

Con l’andar del tempo il suo lavoro andrà concentrandosi sempre più sulla figura umana e sul genere ritrattistico. Quando la sua fama comincia a diffondersi a Trieste l’alta borghesia lo cerca per farsi ritrarre da lui. Nel volume vengono riprodotti i ritratti di Marco Terni, Davide D’Osmo, Benedetto Marina, Giuseppe Mandel, tutti attualmente conservati al Museo Revoltella, un ritratto femminile intitolato “Sinfonia in rosa”, oggi di proprietà dei Civici Musei di Storia ed Arte, e molti altri appartenenti a collezioni private in Italia o all’estero.

Tra questi, un’attenzione particolare merita la serie di ritratti della famiglia di Charles Spencer Churchill duca di Marlborough realizzati nel 1903 e ancora conservati al Blenheim Palace di Londra: indubbiamente l’incarico più prestigioso mai ricevuto dall’artista. «Sono i suoi capolavori” scrive Giuseppe Pavanello, curatore della Collana d'Arte della Fondazione CRTrieste, nella sua introduzione: “degni di stare alla pari con quanto di meglio si andava facendo in Europa». In essi si riconosce pure il ricordo dei grandi del passato quali Antoon van Dyck, Diego Velázquez, Thomas Gainsborough, come non manca di annotare Claudia Crosera.

Da ricordare quindi la galleria dei ritratti dei pittori triestini, sempre conservati al Museo Revoltella, con Eugenio Scomparini, Arturo Fittke, Giuseppe Barison, Guido Grimani, Ugo Flumiani, Pietro Fragiacomo, Giovanni Zangrando: di dimensioni più contenute, meno attenti alla messa in posa o nella descrizione dei particolari e degli abiti risultando in certe parti addirittura non finiti, rispetto a quelli realizzati per le singole commissioni private questi appaiono molto più incisivi nella resa del carattere di ciascuno.

Ancora nel museo triestino si trova il “Ritratto di uno scultore” ovvero di Giovanni Mayer, primo studio per il più ampio “Ritratto di uno scultore” acquistato dalla Galleria Internazionale d’arte contemporanea di Ca’ Pesaro di Venezia: di fattura «larga, sprezzante, energica, un po’ rude», come osservava la critica del tempo, dove «la figura dello scultore ritratto acquista una possente espressione di vita».

Per quanto riguarda gli altri soggetti presenti nella produzione pittorica di Umberto Veruda, nella monografia compaiono alcuni rari paesaggi con la laguna di Venezia e scorci di Trieste come “Riva Carciotti”, oppure soggetti mondani come la serie delle opere acquistate dall’imperatrice Elisabetta d’Austria per la villa dell’Achilleion a Corfù, simili per l’atmosfera leggera e la pittura ariosa al “Ritratto di Italo Svevo con la sorella Ortensia” oppure alle conversazioni tra donne colte in interni borghesi o mentre stanno sedute ad un tavolino all’ombra di un viale alberato come nel caso del dipinto “Al caffè”, di atmosfera parigina. Non mancano neppure i soggetti religiosi quali ad esempio “Sansone alla macina”, realizzato per un concorso nel 1891, una “Madonna con il bambino” del 1895 per la chiesa di Fogliano o la scena con “Susanna e i vecchioni” trasposta in epoca moderna, sempre del 1895.

Infine ci sono vari dipinti di nudi tra cui spicca l’opera “Nudo di schiena”, pure visibile al Revoltella, ammirata in particolare da Silvio Benco per la sua “tavolozza audacissima”. Le ultime tele sono quelle realizzate a Burano dove l’autore ruba espressioni, sorrisi, sguardi per lo più di giovani donne: attimi di vita che inonda di luci e colori con le sue pennellate veloci e vivaci. Era stato l’amico Svevo a invitarlo nella casa della famiglia Veneziani a Murano per cercare di farlo riprendere dal periodo buio e dalla profonda prostrazione causatigli dalla morte della madre, che paiono trasparire anche nell’intenso “Autoritratto” con cilindro del 1903. Nelle luci e nelle atmosfere della laguna, in compagnia dei colleghi Pieretto Bianco e Italico Brass, Veruda fu in grado di ritrovare nuove energie e nuove fonti ispiratrici. Una malattia fulminea e fatale lo colse d’estate, mentre stava lavorando a due tele per la Biennale dell’anno successivo.

Dopo Veruda, la 20° monografia della Collana d'Arte della Fondazione CRTrieste sarà dedicata a Ruggero Rovan, scultore triestino nato nel 1877 e scomparso nel 1965, formatosi all'Accademia di Monaco e all'Accademia libera di via Ripetta a Roma. La ricerca è stata affidata alla storica dell'arte Barbara Coslovich. In un'ottica di valorizzazione del patrimonio artistico riconducibile a Trieste, la Fondazione CRTrieste invita collezionisti pubblici e privati, a segnalare opere e documenti di questo artista che saranno fotografati e studiati per il volume in preparazione, contattando l'ufficio Attività istituzionale della Fondazione CRTrieste allo 040-3478656.

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