Una lettera di Primo Levi svela: un chimico ex nazista lavorò per la Snia Viscosa

Nel novembre 1947 il chimico Primo Levi scrive al direttore della rivista scientifica «La chimica e l'industria» per fornire alcune «notizie di carattere tecnico» sul campo di annientamento di Buna-Monowitz dove fu internato all'inizio del 1944. È una lettera che sembra nessuno conosca o ricordi più ed è stata «riscoperta» dal Comune di Torviscosa nell'ambito di una ricerca sulle relazioni tra la Snia Viscosa e alcuni chimici tedeschi coinvolti con il regime nazista. Lo ha reso noto il Comune di Torviscosa in un comunicato precisando che nella lettera, pubblicata nel numero 12 (dicembre) del 1947 della rivista, Levi fornisce notizie sul lager e sue produzioni chimiche: il campo di Monowitz, struttura satellite del campo di Auschwitz, era sede di impianti chimici, tra cui uno gigantesco per la produzione di gomma sintetica, la cosiddetta «buna».
Levi racconta di essere stato impiegato prima come manovale poi come analista in un laboratorio. L'azienda che gestiva tali impianti era la IG Farben e nel 1944 responsabile della produzione nell'organizzazione nazista era Johann Giesen, già direttore della produzione di combustibili ad Auschwitz. Giesen finirà davanti ai tribunali del dopoguerra come criminale di guerra ma sosterrà di non aver mai sentito parlare di sterminio o crimini e sarà ritenuto non colpevole. Quindi continuerà a lavorare per IG Farben (a Urdingen) e poi per la Perfogit (in Svizzera), azienda controllata dalla Snia Viscosa. Le ricerche del Comune di Torviscosa tra i documenti dell'archivio storico ex Snia Viscosa hanno permesso di ritrovare diversi brevetti prodotti dalla società Perfogit e firmati da Johann Giesen. E poi alla lettera di Primo Levi. «Le relazioni della Snia Viscosa con le omologhe tedesche all'epoca dei regimi fascista e nazista sono note, così come la collaborazione di Giesen con la Snia nel dopoguerra - spiega Mareno Settimo, assessore alla Cultura del Comune di Torviscosa e autore della ricerca - Finora, però, nessuno aveva rilevato il ruolo dello stesso Giesen nei campi di Auschwitz-Birkenau. Dal punto di vista dell'industria, nel dopoguerra era probabilmente inammissibile perdere le competenze tecniche e scientifiche che il regime nazista aveva sostenuto e sviluppato, ma ai nostri occhi, oggi, la riabilitazione di personaggi con ruoli così significativi nel sistema di sterminio nazista risulta davvero sconcertante».
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