Una mail finta e un amore da ricostruire L’invenzione di noi due inizia dalla fine

Lilia Ambrosi
“Quando non capisci, scrivi” gli ha insegnato la maestra Miranda. E Matteo Bussola ha sempre scritto. E ha sempre disegnato. Oggi, dopo essersi laureato in architettura e aver audacemente abbandonato un lavoro fisso, disegna fumetti per la Bonelli, ha una rubrica su Robinson di Repubblica, fa intensamente il papà di tre bimbe nate dal suo amore per Paola Barbato, disegnatrice di Dylan Dog, e si ritrova un po’ a caso ad essere uno scrittore.
Nato su Facebook, dove in un blog raccontava la sorpresa di una paternità multipla mai immaginata, di una vita a ritmi dettati da piccole tenerissime tirannie, cani e cinghiali, nebbie, spese al supermercato e tavole disegnate di notte con una bimba poggiata alla spalla. Il blog è diventato un libro, “Notti in bianco, baci a colazione”, che ha avuto molto successo. Sono seguiti un libro sul rapporto tra genitori e scuola e quello che descrive il lungo accidentato percorso che l’ha portato all’amore con la sua compagna.
Tutti pubblicati da Einaudi, che ora ci propone “L’invenzione di noi due” (199 pagine, 17 euro).
E anche qui si parla molto d’amore. Milo, il protagonista, pensava che avrebbe fatto l’architetto, invece fa il cuoco. Nadia, la donna che ha incominciato ad amare perché condividevano a turni un banco di scuola su cui si scambiavano parole, continua a voler fare la scrittrice e intanto è un po’ giornalista. Si sono persi per ritrovarsi molti anni dopo. “Eravamo una coppia di eroi romantici che non si sarebbe piegata a un’apparente desolazione…. L’atto più rivoluzionario e autentico mi sembrava proprio quello di amarci per una serie interminabile di giorni tutti uguali, senza la speranza che ci fosse nulla più di ciò che c’era, con la convinzione che il nostro amore sarebbe dipeso per intero solo da noi due. Ma quel che c’era non fu abbastanza”.
E siccome al fatto che “le parole tra noi erano diventate una traduzione scadente da due lingue straniere” Milo non vuole rassegnarsi, siccome continua ad amare la moltitudine che abita quella donna in grado di cambiare stato d’animo dieci volte al giorno, decide di inseguirla con un trucco e si mette una maschera. Diventa Antonio, uno che le manda una mail per errore pensando di scrivere alla donna che sta perdendo. Nadia risponde e nell’equivoco crescono le parole. Milo spia dalla scomoda finestra del suo inganno e spiando si trasforma, tornando a essere quello che era. Non quello che cercava di essere. Ma se forse alla fine Milo ha fatto bene a mettersi quella maschera, è solo perché Nadia ha sempre saputo quale volto nascondeva.
“La sola occasione che abbiamo di stare bene con qualcuno è non mentire su ciò che siamo” scrive Bussola che è uno che crede nei difetti, che sostiene sempre l’arte di abbracciare il danno e di non vergognarsi delle ferite. Siccome, come gli ha detto Ginevra, la secondogenita, “l’amore sono tanti”, questo libro ha una fine che potrebbe anche essere un inizio. Bussola dice che disegna perché gli piace e scrive perché quando la realtà gli parla gli viene voglia di raccontarla. Lo fa con grande sensibilità per ogni piccola cosa e per ogni “altro”, compreso quello che è in noi. E le sue parole ci ricordano che la consapevolezza fa bene al cuore.
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