Una notte in fondo al cielo Dora Bassi dipinge lo spietato mondo dell’arte

la storia
Gli ammiratori di Dora Bassi lo possono certamente considerare un regalo postumo. Non si tratta di un ciclo di dipinti che ha rivisto la luce o di qualche ritrovata fusione in bronzo o in acciaio, ma di un libro, in uscita in questi giorni, che testimonia la poliedrica personalità dell’artista nata a Feltre esattamente un secolo fa e morta a Udine nel 2007, dopo molto tempo trascorso a Milano, dove, nel 1971, Dino Basaldella l’aveva chiamata all’Accademia delle Belle Arti di Brera come sua assistente.
A lungo, le 262 pagine di “Una notte in fondo al cielo” non avevano ottenuto altro spazio al di fuori di un normalissimo cassetto. Ora, al prezzo di 16 euro, vengono pubblicate dalla brazzanese Braitan che ha quale editore il germanista Hans Kitzmüller, amico di Dora specie da quando lei lasciò la Lombardia per stabilirsi, dal ’91, a Gradisca, sempre mantenendo un intenso legame con Brazzano, dove da ragazza spesso risiedeva.
Contrariamente a “L’amore quotidiano” (Lint, 1998), storia costruita sui sentimenti di tre personaggi femminili, tre generazioni che intrecciandosi si muovono fra Trieste, l’Isontino e Udine, il suo secondo romanzo, finora inedito, ha al centro il mondo che Dora viveva, permeato com’è di acute riflessioni sull’arte contemporanea, sulle gallerie, sui critici. Il suo protagonista, Elio Del Monte, con i suoi dubbi, con le sue incertezze, può persino venir considerato un alter ego dell’autrice, al punto che Dora, in un’intervista, affermò senza mezzi termini “Elio c’est moi!”, prendendo a prestito le famose parole di Flaubert sulla sua Emma Bovary.
Del Monte, in particolare, è un veneto che dopo esser emigrato in Canada si trova a lavorare nello studio di un pittore celebrato come Jean-Paul Riopelle scoprendosi, a sua volta, artista. Al tempo stesso, però, prende coscienza delle difficoltà, degli insuperabili ostacoli che gli impediscono di affermarsi: da un lato i condizionamenti familiari, dall’altro l’insostenibile confronto con i grandi del tempo tra cui, in primis, Mark Rothko, che, nonostante tanta caparbietà e molti tentativi, non riesce mai a incontrare a New York, dove attraversa un breve periodo di successo. Elio Del Monte (pseudonimo di Elio Marcon) è, in sostanza, un artista che avverte il proprio bisogno di esprimersi, ma che, con consapevolezza e un’immancabile, conseguente nevrosi, vede tale esigenza soffocata dal proprio mediocre talento e da altre preclusioni.
La sua storia, che si dipana a Milano, oltre che a Montreal e a New York, riassume quindi quella di molti colleghi che si trovano a dover fronteggiare timori di ogni genere e a lottare ferocemente per emergere, più che a gestire sicurezze. Nell’addentrarsi nel mondo che conosceva da vicino, Dora Bassi non fa alcuno sconto, raccontandolo in maniera disincantata, pure spietata, con immagini nitide, forti e graffianti, adeguate per evocare un’umanità di basso livello, talvolta persino squallida.
Poi cambiato dall’editore in “Una notte in fondo al cielo”, il titolo che l’autrice aveva provvisoriamente scelto era “Il cerchio e il triangolo”, in riferimento alle figure che ricorrevano in una fase della pittura di Del Monte: “simboli primari dell’abisso e del vertice” li aveva definiti lei, intuiti nel leggere Dante. Nel 700° anniversario della scomparsa del poeta, quello che gli giunge postumo da una delle artiste più libere e originali della regione, può anche venire considerato un altro omaggio a lui rivolto. —
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