Valentina Romani: «A Trieste mi sento a casa, di notte è magica»

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Quando è arrivata a Trieste per interpretare Vanessa nella prima stagione di “La porta rossa”, nel 2016, Valentina Romani non aveva nemmeno compiuto vent’anni. Aveva già alle spalle diverse serie tv, da “Questo è il mio paese” a “Tutto può succedere”, ma è stato il ruolo complesso e tormentato dell’adolescente Vanessa, una medium, l’unica in grado di comunicare con il fantasma del commissario Cagliostro (Lino Guanciale), a farla amare definitivamente dal grande pubblico. Tanto che, nella seconda stagione in corso di riprese a Trieste fino al 20 ottobre, quello di Vanessa sarà il personaggio che riserverà le sorprese maggiori: «Non posso davvero anticipare niente. Ma sicuramente vi troverete davanti a una Vanessa più matura, cresciuta», dice Valentina.
Dopo “La porta rossa”, molto è successo nella sua carriera: Valentina ha debuttato anche al cinema in “Un bacio” di Ivan Cotroneo, per il quale ha vinto il Premio Biraghi per gli attori giovani, ed è stata co-protagonista del film tv “Aldo Moro–Il professore” a fianco di Sergio Castellitto. Il futuro è tutto da costruire, dentro e fuori lo schermo: ora si è iscritta all’Università a Roma, Facoltà di Lingue e, tra una pausa e l’altra del set triestino, ha già cominciato a studiare.
Valentina, cosa cambia per Vanessa in “La porta rossa 2”?
«Come Cagliostro si è in un certo senso abituato al fatto di essere un fantasma, anche lei convive nel modo più naturale possibile con l’idea di essere una medium. Il suo carattere verrà fuori veramente. Rivedremo tutte le persone del suo universo, a partire dalla zia interpretata da Alessia Barela, un’attrice che stimo moltissimo: ha molto a che vedere con la donna che immagino di diventare. E poi anche la madre di Vanessa, interpretata da Cecilia Dazzi, e Filip, Pierpaolo Spollon».
Cos’è cambiato invece in questi due anni per Valentina?
«In realtà poco. Sono sempre rimasta la me di un tempo, quando tutto questo sembrava un traguardo lontanissimo. Certo, è cresciuta anche Valentina, due anni fa forse ero meno consapevole della responsabilità che avevo in mano. Oggi mi sento molto più forte, più grande e riesco a spaziare meglio dentro la storia e il personaggio».
Anche questa volta ha trascorso 5 mesi a Trieste, ma i suoi affetti sono rimasti a Roma: una routine difficile?
«Trieste per me rimane una città meravigliosa in cui mi sento completamente a casa, protetta. Gli affetti sono sempre un tasto dolente: il mio fidanzato Francesco spesso è venuto a trovarmi qui. Ma sto lavorando, quindi va bene così».
Le riprese sono quasi sempre notturne, a volte fino all’alba: qual è la sua giornata tipo?
«Mi sveglio alle tre del pomeriggio, pranzo e vado sul set dove comincio a prepararmi. La vera difficoltà è riprendersi il giorno dopo. La stanchezza però non è la prima cosa a cui pensi mentre giri alle quattro di mattina, con altre cento persone di troupe. E poi Trieste di notte è magica».
“La porta rossa” è stata una svolta professionale?
«Sì ma non solo per me, mi sento di dire anche per la Rai. È quello che si chiama un esperimento ben riuscito. Il pubblico l’ha apprezzata tanto proprio per il coraggio che ha avuto la Rai di esporsi con un progetto del tutto nuovo».
Il ricordo più bello da questo set?
«Quando ci siamo ritrovati tutti, il primo giorno di riprese: sul set si vive praticamente sempre insieme. All’inizio ero impaurita, come per tutti i nuovi lavori, ma quel momento mi ha dato una sferzata di energia. È una serie faticosa, si lavora di notte, ci sono scene molto lunghe, bisogna rimanere concentrati».
Ha iniziato giovanissima, con ruoli già importanti. Ora come procederà?
«Questo è un lavoro difficile e bello, al quale non si può dedicare la propria vita perché si rischia di ammalarsi. È un mestiere che va amato e curato, però bisogna fare altro: la cosa più difficile è gestirlo, quando c’è e quando non c’è. Ho pensato che l’università potrebbe essere un diversivo, magari anche per non legare tutto a un provino che va bene o che va male. Comunque, l’attrice è il lavoro che ho sempre sognato di fare: rimarrà sempre la mia priorità». —
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