Vita di Giusto Gervasutti, il Fortissimo che inseguiva i sogni sulle montagne

«Dietro il sogno si sale, pensava Giusto Gervasutti. Senza sogni si cade». Nelle ultime righe della biografia che Enrico Camanni dedica al Fortissimo, come veniva chiamato l’alpinista friulano, c’è tutto il senso di un’indagine portata avanti nel segno di un visionarietà che dagli anni Venti e Trenta si riverbera ancora oggi nelle esistenze di quanti scelgono di seguire un sogno a ogni costo. Perché “Il desiderio e l’infinito - Vita di Giusto Gervasutti” (Laterza, pagg. 269, euro 19,00), racconta questo: la vita di un uomo cui stavano troppo stretti i tempi e il mondo che gli erano toccati in sorte, e che cercò caparbiamente una via di realizzazione e di salvezza nella pratica estrema della montagna. Nato a Cervignano del Friuli nel 1909, ancora sotto le insegne dell’Austria-Ungheria, trasferito a Torino a 22 anni per seguire l’ombra delle grandi montagne, Gervasutti è stato uno dei più moderni interpreti dell’alpinismo, vero precursore dell’era contemporanea. Come spesso accade ai personaggi estremi, morì il 16 settembre 1946 durante una scalata al Mont Blanc du Tacul insieme a Giuseppe Gagliardone. Un anno prima della morte aveva pubblicato la sua autobiografia “Scalate sulle Alpi”, testo in cui il Fortissimo parla delle sue imprese, delle sue idee, ma poco niente della sua quotidianità. Tanto che Camanni sin dalle prime pagine della biografia ammette quanto sia «difficile ricostruire la vita di Giusto Gervasutti, uomo ri servato e poco incline a parlare di sè». Eppure Camanni, narratore ed esperto storico dell’alpinismo, dopo aver scandagliato archivi pubblici e privati, studiato documenti e raccolto testimonianze, ci restituisce un ritratto a tutto tondo del Fortissimo e della sua epoca, filtrando attraverso il mondo dell’alpinismo le luci e le ombre di un tempo uscito da una guerra mondiale e destinato a sprofondare in un’altra. Nelle dinamiche del piccolo universo orbitante intorno al Club Alpino Italiano (come ad esempio la polemica fra occidentalisti e orientalisti) si specchiano i poteri, le speranze e le illusioni di una società rispetto alla quale uomini come Gervasutti si ponevano se non in aperto conflitto, almeno in posizione antagonista, fino a dare la via la propria vita inseguendo ansie visionarie di libertà.
Pietro Spirito
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