“Vivere con gli uomini” di Garcia, la banalità del patriarcato alla luce del caso Pelicot

Il saggio pubblicato da Einaudi Stile libero dà una lettura filosofica dello sconvolgente processo di Avignone

Giulia Basso
Gisèle Pelicot arriva al tribunale di Avignone
Gisèle Pelicot arriva al tribunale di Avignone

«Bisogna amare molto gli uomini. Molto, molto. Amarli perché ci piacciano. Altrimenti, non è possibile, sono insopportabili».

Apre con queste parole di Marguerite Duras in epigrafe uno dei libri più disturbanti e necessari degli ultimi anni. In “Vivere con gli uomini” (Einaudi Stile libero 2025, pagg. 179, euro 17), Manon Garcia, filosofa specializzata in questioni femministe, analizza lo sconvolgente processo di Avignone, che nel 2024 ha indignato la Francia e il mondo intero. La domanda di Duras – quanto amore serve per sopportare l’insopportabile? – diventa qui una questione di sopravvivenza esistenziale e politica. Il caso Pelicot ha tutti gli ingredienti dell’incredibile: Dominique Pelicot che per dieci anni droga la moglie Gisèle con benzodiazepine, rendendola incosciente per permettere a decine di sconosciuti di stuprarla. Ottanta uomini coinvolti, 51 a processo, migliaia di video catalogati con titoli osceni. Una storia così estrema da sembrare il delirio di una mente malata, l’operato di un mostro isolato.

Ed è proprio qui che Garcia ribalta la prospettiva: questi non sono mostri. Sono uomini qualunque. La filosofa francese ha seguito il processo per tre mesi, osservando quegli uomini “normali”: pompieri, camionisti, pensionati, padri di famiglia. Uomini che potresti incontrare al supermercato, che hanno aiutato i vicini, che fanno volontariato. La loro banalità è ciò che rende il caso terrificante e, paradossalmente, emblematico.

Come Hannah Arendt con Eichmann, Garcia ci mostra che il male non ha bisogno di essere eccezionale per essere devastante. Il processo diventa così una lente d’ingrandimento sulla società patriarcale e sulla reificazione della donna, che trasforma un soggetto pensante in oggetto inanimato. Quegli uomini – per cui Gisèle Pelicot non esisteva come essere umano, era solo un corpo disponibile – non hanno agito per pulsioni incontrollabili o malattia mentale: hanno risposto a un annuncio su un sito, hanno pianificato, aspettato, seguito istruzioni precise, e alcuni sono tornati più volte. Non si è trattato di follia, ma di violenza “normalizzata” nei confronti di una donna spogliata dei suoi pensieri, desideri, personalità e ridotta a “ricettacolo”, come scrive la perizia psichiatrica.

Questa reificazione raggiunge l’apice nell’immagine della “bella addormentata”: i video mostrano un corpo quasi cadaverico, che proprio per l’assenza di reazioni, di personalità, di umanità, per il suo essere ridotto a puro oggetto di piacere maschile, sembra addirittura facilitare l’atto dello stupro. Ma Garcia va oltre, mostrando come il concetto di consenso, centrale nel dibattito contemporaneo, fosse perfettamente compreso dai giudici ma sconosciuto agli imputati. Non si tratta di ignoranza casuale: è il prodotto di una cultura che considera il corpo femminile sempre disponibile, dove il marito può “decidere” per la moglie, dove lo stupro viene naturalizzato come “esigenza maschile”. L’autrice non risparmia nemmeno Gisèle, pur ammirandone il coraggio. La definisce una “buona vittima”: anziana, rispettabile, sposata da cinquant’anni, senza una vita sessuale “sospetta”.

Una vittima credibile che rischia di squalificare tutte le altre, quelle che bevono, che hanno molti partner, che si vestono in modo “provocante”. Il processo si trasforma così in uno specchio delle nostre ipocrisie collettive e il libro diventa molto più di una cronaca giudiziaria: è un’anatomia del patriarcato, un’analisi spietata di come le norme sociali di genere producano violenza strutturale. Perché quegli uomini non sono “mele marce”, ma frutto di un sistema che produce regolarmente queste violenze.

Le statistiche sono inequivocabili: 230.000 donne vittime di violenza sessuale ogni anno in Francia, 160.000 bambini. Necessario e scomodo, “Vivere con gli uomini” è un libro che ci costringe a guardare negli abissi della normalità e a porci quella domanda che molte donne si fanno quotidianamente: è davvero possibile convivere con chi ti considera strutturalmente inferiore? La risposta di Garcia rovescia la prospettiva: forse dovrebbero essere gli uomini a chiedersi se meritano di essere amati così come sono. —

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