“We shall overcome” è canzone di tutti (via il copyright)

«We Shall Overcome» è canzone di tutti: le parti in una causa sul copyright dell'inno degli anni ’60, considerato la Marsigliese del movimento per i diritti civili, si sono accordate per rimettere l'i...

«We Shall Overcome» è canzone di tutti: le parti in una causa sul copyright dell'inno degli anni ’60, considerato la Marsigliese del movimento per i diritti civili, si sono accordate per rimettere l'iconico brano nel pubblico dominio. A fare causa nel 2016 in un tribunale federale di Manhattan erano stati gli autori di un documentario sulla canzone e i produttori del film del 2013 «The Butler» (con Forest Whitaker e Oprah Winfrey) che avevano cercato di usarne parte nella colonna sonora. Ai primi il permesso era stato negato, i secondi si erano visti recapitare un conto di centomila dollari. «We Shall Overcome» è una canzone simbolo: usata da chi protestava contro la guerra del Vietnam, e poi capace di esprimere le speranze di chi combatteva l'apartheid in Sudafrica, dei ragazzi di piazza Tienamen, o di quelli che buttarono giù il Muro di Berlino. Le radici del brano sono negli spiritual dell'inizio del ’900. Nel 1960 e nel 1963 la casa editrice Ludlow Music, una sussidiaria della potente Richmond Organization (Tro), ne aveva registrato il copyright affermando che gli autori, tra cui il leggendario folk singer Pete Seeger, avevano apportato cambiamenti. Non è la prima canzone famosa che viene svincolata dalle norme sul diritto d'autore: nel 2015 era accaduto all'altrettanto iconica Happy Birthday. Negli anni ’60 divenne l'inno della contestazione e delle marce per i diritti civili (nella foto Joan Baez, che prestò la sua voce all’inno pacifista)

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