La Pallacanestro Trieste ancora senza un’identità: Gonzalez non ingrana

Il punto dopo l’umiliante sconfitta a Cremona. Sul coach spagnolo potrebbe spuntare l’ombra dell’esonero

Lorenzo Gatto
Lo sguardo sconsolato di Juan Toscano-Anderson (Ciamillo / Lasorte)
Lo sguardo sconsolato di Juan Toscano-Anderson (Ciamillo / Lasorte)

La sconfitta subita dalla Pallacanestro Trieste contro la Vanoli Cremona ha fatto emergere con prepotenza tutte le fragilità di una squadra che non riesce a trovare né continuità di risultati né una chiara identità di gioco. Il ruolino di marcia, al giro di boa di inizio campionato, è preoccupante, un bilancio che lascia la squadra in una zona di classifica anonima, ben lontana dalle ambizioni iniziali.

Pallacanestro Trieste umiliata a Cremona: la Vanoli vince 113-94
(foto Ciamillo / Lasorte)

L’analisi della disfatta al PalaRadi, dove Trieste è apparsa allo sbando, dominata a rimbalzo e con una difesa a tratti inesistente, apre un ampio dibattito sulle responsabilità, che paiono distribuite su più fronti.

Coach e giocatori

Inevitabilmente, l’attenzione si è concentrata su coach Israel Gonzalez. Il tecnico spagnolo, arrivato con un curriculum importante dall’Alba Berlino e chiamato per infondere un solido basket europeo, si trova ora a fare i conti con un roster troppo americano per i suoi dettami. Il tentativo di imporre una filosofia di gioco rigorosa, soprattutto in fase difensiva, sbatte contro l’evidente difficoltà del gruppo di applicare con costanza i principi richiesti.

La difesa è un vero colabrodo, incapace di contenere l’uno contro uno e disattenta sui rimbalzi offensivi concessi. Il terzo quarto, chiuso con un parziale di 35-23 per Cremona, è un esempio lampante di come la squadra possa crollare mentalmente e tecnicamente in pochi minuti.

Tuttavia, addossare la colpa esclusivamente all’allenatore sarebbe un’analisi superficiale e incompleta. Se l’impronta tecnico-tattica è responsabilità di Gonzalez, la cronica abitudine di partire ad handicap è un pesante fardello che ricade sui giocatori.

Approcci molli, disattenzioni iniziali e una mancanza di cattiveria agonistica costringono Trieste a inseguire quasi sistematicamente. Questa debolezza mentale e attitudinale è un chiaro indice di un gruppo slegato o, peggio ancora, incapace di tradurre il potenziale individuale in una chimica di squadra efficace. La qualità del roster è sotto gli occhi di tutti ma il basket è un gioco di sistema, e finora il sistema non ha funzionato.

L’ombra dell’esonero

L’aspetto più delicato in questo momento di crisi riguarda la posizione della società. La cultura sportiva espressa dalla dirigenza finora è nota, l’esonero non è un’opzione da prendere in considerazione dopo appena un mese e mezzo di campionato. La scelta di Gonzalez è stata fatta sulla base di convinzioni specifiche e di un progetto a lungo termine, non un semplice stop-gap. Cambiare guida tecnica ora significherebbe ammettere un errore di programmazione a monte e rinnegare la filosofia intrapresa.

La società sembra propendere per la linea dura: dare tempo all’allenatore e ai giocatori per trovare la quadratura. Ma quanto tempo può concedersi, soprattutto se i risultati non arrivano? Le prossime due partite si annunciano come un possibile spartiacque per la stagione biancorossa e, forse, per il futuro di coach Gonzalez: la trasferta europea di domani con il Galatasaray e l’impegno casalingo di domenica prossima con l’Olimpia Milano. Due sfide di altissimo livello che metteranno a nudo la vera tempra della squadra.

Se Trieste dovesse uscire ulteriormente ridimensionata da queste prove, l’ipotesi esonero, pur contro la “cultura” di Arcieri, potrebbe trasformarsi da tabù a dolorosa necessità. La palla, per il momento, resta nelle mani di coach Gonzalez e, soprattutto, dei giocatori. Devono dimostrare di voler essere una squadra, prima che un insieme di talenti incompresi.

Riproduzione riservata © Il Piccolo