Abbagnale deciso «Giochi impossibili in queste condizioni Rinviarli al 2021»

Canottaggio: parla il presidente federale «C’è chi si allena e chi no: inutile aspettare» 

l’intervista



Tre medaglie olimpiche nel canottaggio, due ori e un argento, e due mandati da presidente federale fanno di Giuseppe Abbagnale un interlocutore privilegiato per affrontare la questione Tokyo 2020. A quattro mesi dall’accensione del braciere olimpico e in piena emergenza coronavirus, confermare o rinviare i Giochi da dibattito si è trasformato in un problema. E anche piuttosto urgente.

Come sta vivendo un uomo di sport questo momento?

«Malissimo. Per quello che sento e vedo e perché mi metto nei panni di un atleta che ora non ha certo la mente libera per prepararsi a un evento come i Giochi».

Come ha reagito il mondo dello sport all’emergenza?

«In generale bene».

E nel particolare?

«Beh, il calcio si è ostinato ad andare avanti quando era chiaro che si sarebbe dovuto fermare. E non è stato il modo migliore per affrontare i problemi. Anche ora sento parlare di previsioni, date e calendari, ma dobbiamo tenere la guardia molto alta».

Ovvero?

«Se in Cina dopo tre mesi di lavoro durissimo sono arrivati a zero contagi, se non quelli di ritorno, dobbiamo anche noi stimare un periodo simile prima di riparlare di pseudo normalità. Capisco gli interessi economici e le frenesie, ma ci hanno detto che la salute viene prima di tutto. Si agisca di conseguenza».

Però è obbligatorio guardare avanti.

«La programmazione è sacrosanta, ma deve essere su base oggettiva e non animata solo dalla speranza. E perché sia oggettiva basta guardare i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità».

E siamo ai Giochi. Meglio confermarli, rinviarli subito o aspettare prima di decidere?

«Un’Olimpiade raffazzonata non mi piace. Mi spiego: così gli atleti si preparano alla meno peggio, qualcuno è meno cauto di altri e si allena sfidando la sorte, qualche Paese ha provvedimenti meno restrittivi di altri. Insomma si arriverebbe al 24 luglio con atleti nelle condizioni più disparate possibili».

Esempi nel canottaggio?

«Gliene faccio due: Australia e Nuova Zelanda continuano a prepararsi normalmente. Mentre agli europei vengono cancellati i test preolimpici e viene proibito di allenarsi. Giustamente, perché sulle barche multiple non si può certo tenere la distanza di sicurezza».

Quindi?

«Meglio rinviare subito i Giochi. Ma non a ottobre, che significa solo spostare di tre mesi la decisione con il rischio di una doppia preparazione e di interromperla un’altra volta per il prosieguo dell’emergenza, ma al 2021. Un anno in più sarebbe la scelta migliore per salute, programmazione e preparazione».

Non così facile visti i soldi che ballano.

«Lo so. Chi deve decidere è in posizione di grande imbarazzo, ma se il dogma è la salute prima di tutto non è che in base agli interessi la mettiamo al secondo posto. Rinviare sarebbe il male minore e siamo ancora in tempo per prenderla questa decisione, mi auguro che entro un mese si sciolgano i dubbi».

E i Giochi a porte chiuse?

«Proprio il contrario dello spirito olimpico. E al Villaggio che fanno gli atleti, vivono separati? Non sarebbero più i Giochi. E con i buchi nelle qualificazioni assomiglierebbe a un’Olimpiade a inviti».

«Si va avanti»: il presidente del Cio Bach sembra pensarla diversamente, però.

«È in una fase dialettica in cui non può dire diversamente. Ma all’interno del Cio ne stanno discutendo».

Atleti, federazioni, comitati olimpici nazionali: chi dovrebbe fare lo strappo?

«Non mi auguro nessuno strappo. Deve essere una decisione condivisa, uno scontro non porterebbe a nulla. E bisogna seguire la linea dell’Oms, il virus sta facendo così tanti danni anche perché abbiamo dato poco credito alla medicina».

Ha parlato con Malagò? E cosa si aspetta dal Coni?

«È conscio della situazione, è il primo ad essere indeciso. Mi aspetto che lavori per quella soluzione condivisa».

Come finirà?

«Vorrei che il 24 luglio a Tokyo partissero i Giochi e prego tutti i giorni che vada così. Ma è molto difficile: lo so, la mia posizione è impopolare. Spero di sbagliarmi». —



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