Crisi Triestina, il commento di Milanese: «Questa società mi ha illuso»
L’ex che salvò l’Unione nel 2016: «Soldi gestiti male da Rosenzweig & co, ma non è detto che l’iscrizione non si faccia. Ripartire dai dilettanti è fattibile»

Stride un po’ parlare di parentesi pensando alla gestione Biasin-Milanese. In termini assoluti il buon Mario ha sorretto finanziariamente la società per 6 anni, in termini concreti la densità di emozioni vissute fanno aprire quella parentesi in un ventaglio di ricordi indelebili. La salvezza per evitare l’Eccellenza, la promozione dalla D, il centenario, gli anni dei campionati a porte chiuse. E poi genesi ed epilogo. Il 12 aprile 2016, da un’aula del Tribunale usciva Mauro Milanese, triestino ed ex giocatore tra le altre dell’Inter, cugino – come la sorella Romina – di Biasin.
L’Unione era loro, salvata dal fallimento, salvata poi sul campo, rinata. Primo salvataggio. Per il secondo bisogna andare al tragico epilogo, 16 maggio 2022. Il patron Mario muore. Non ci fu il tempo per saldare la parte finale di stagione, con una trattativa lampo Milanese riuscì ad assicurare la Triestina alla successiva Serie C, con il passaggio a Giacomini. Secondo salvataggio, dal momento che quella Triestina oggi esiste ancora. Milanese racconta le sensazioni del momento, visto che il lavoro post 2016 è a rischio.
«Quello che sorprende tanto è il contrasto tra le premesse iniziali, di dichiararsi un fondo ricco con l’intento di portare la Triestina in A, di prendere un centro sportivo, lo stadio, e dopo un anno e mezzo trovarsi a non pagare le imposte, a mancare scadenze, a perdere punti».
Quale può essere la causa di questo corto circuito?
«Vien da chiedersi come sono stati amministrati questi soldi. Forse si è esagerato prima con le promesse, per arrivare al punto attuale, in mezzo c’è un oceano, qualcuno quindi ha amministrato male i soldi».
Torniamo al principio allora...
«Forse è stato mal proposto il progetto, anche perché la società all’arrivo degli americani non era stata salvata, era stata acquisita da Giacomini ma non c’era un fallimento in corso. Mi ero illuso anche io appena arrivato questo fondo, che potesse finalmente portare la Triestina in A. I fatti sono andati in contrasto con le speranze».
Il disastro inizia nel febbraio 2024 con l’esonero di Tesser?
«Da quando è stato mandato via da terzo in classifica è stata una caduta libera».
Milanese, ricorda bene il valore del girone B l’anno in cui la sua Triestina sfiorò la B?
«Gli ultimi anni il girone A è stato di livello scarso. Quando siamo arrivati noi in finale, ricordo ancora l’articolo del Sole 24 Ore sui 7 Paperoni del girone B, dietro di noi era arrivato il Monza di Berlusconi ma c’erano il Vicenza, FeralpiSalò, Ternana, oltre al Pordenone che quell’anno aveva concentrato gli sforzi per salire, e altre. Due anni fa è salito il Lecco. Noi abbiamo avuto la sfortuna di essere in gironi tosti».
Due opzioni. La squadra è iscritta alla C ma parte da -9, sarà dura portare giocatori a Trieste?
«I punti da fare sarebbero una cinquantina per salvarsi, quanti ne ha fatti un Alcione quest’anno perciò non è improponibile, ma è un aspetto puramente tecnico, dal punto di vista della credibilità è ovvio che la società deve dimostrare che questa crisi è finita. Per chiarezza sarebbe il caso di farlo, se davvero l’iscrizione verrà fatta e ne prendiamo atto, una dichiarazione sul budget, sul fabbisogno, dopo aver risolto il pregresso andrebbe fatta. Questo per non trovarsi punto a capo senza risorse il giorno dopo l’iscrizione».
Opzione peggiore, la Triestina non ottempera all’iscrizione.Si rischia un anno senza calcio?
«Non credo, come tempistiche secondo me forse ci sarebbe margine per fare campionati come l’Eccellenza, anche in caso di fallimento, magari viene concessa quella ventina di giorni. Penso alla mia esperienza del 2016, però all’epoca ci eravamo fatti trovare pronti con Mario mesi prima, con il rischio di andare in Eccellenza ma almeno i numeri chiari per sanare i debiti ereditati li avevamo. La storia del calcio però è anche piena di situazioni in cui di fronte a fallimenti o difficoltà spuntano filibustieri e personaggi contraddittori».
Capitolo strutture di Ponziana. Voi quelli che siete andati più vicini a completare l’opera?
«Più che vicini era un progetto approvato e con fondi stanziati, un progetto che la morte di Biasin ha fermato, o meglio la società successiva ha deciso di non portare avanti, magari anche in forma ridotta rispetto all’investimento di Mario. Quello è un rimpianto, sarebbero rimasti dei campi per i giovani e la città a prescindere dalle società».
Cosa resta ai tifosi, la salvezza sul campo?
«Per la bravura di Tesser non avevo dubbi che avrebbe salvato la squadra, anche grazie al mercato fatto. Un grande recupero come quello di Gentilini due anni fa. Belle imprese, dubbi li ho avuti più per le cose fuori dal campo».
Conclusioni?
«Rimanendo positivi, la salvezza è arrivata, e se arriva l’iscrizione la proprietà dovrà fare chiarezza, anche a fronte del -9, se ha intenzione di vendere o se vogliono proseguire. In questo caso con quali basi, budget, allenatore eccetera. In tempi brevissimi perché nel calcio ogni settimana è buona per perdere tempo. Penso questa chiarezza sia esattamente quella che auspicano i tifosi».
Quei tifosi che hanno revocato il marchio, feriti ancora una volta.
«Era una delle regole del contratto, di non ricevere penalizzazioni, e certamente ha inciso anche il non aver mantenuto le promesse fatte».
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