Addio a Gilmar, il portiere più grande

Numero 1 della Selecao del 1958 e del 1962 duellò al top con il russo Lev Jashin
Di Bruno Lubis

Pian piano i miti delle calcio se ne vanno. Il grande Brasile del 1958 e 1962 si assottiglia con la morte del portiere Gilmar Neves dos Santos, 83 anni appena compiuti ma già bloccato nella parte destra del corpo da un ictus.

Era il portiere per eccellenza del Brasile ideato da Vicente Feola, finalmente una squadra che univa all'immenso talento dei suoi artisti anche una condizione fisica e una preparazione tattica di prim'ordine. Gilmar era il primo pilastro della difesa, davanti a lui Bellini e Orlando, due granatieri che garantivano semplicità tra tanti cesellatori barocchi del pallone. Gli esterni erano l'esterno Nilton, detto Enciclopedia, e Djalma, una mezz'ala finita a fare il terzino.

Il primo semidio a lasciare questo mondo fu Mane Garrincha, troppo caro al Briccone divino Exu, troppo amante della cachaca, gambe spaiate a mandare in confusione i difensori avversari. Poi se ne andò Waldir Perreira, l'immenso direttore d'orchestra Didi (creatore della folha seca che Corso importò in Italia come foglia morta) e adesso Gilmar, idolo del Corinthians prima e del Santos di Pelé poi.

Gilmar fu il primo portiere del Brasile a smentire il detto che voleva tra i pali il più scarso dei giocatori. Lui è stato una sicurezza in porta e nelle uscite, mai una sbavatura, sempre concentrato, garantiva un rendimento certo alla fantastica Selecao che badava più a creare azioni da gol che a proteggere la difesa. Dopo lo sfortunato Barbosa del 1950 e prima dello sciagurato Peres del 1982 (quello era un altro Brasile spaziale se avesse avuto in porta e a centro area gente all'altezza) c'è stato il periodo di Gilmar. In quel periodo furoreggiava un russo, fisico immenso e riflessi da gatto, Lev Jashin. I due si palleggiavano la fama e la bravura di essere i migliori.

Alla sua altezza, di Gilmar s'intende, dall'immenso serbatoio di Copacabana, di Recife, degli interni del Minas Gerais e Paulistas, solo Dida e Julio Cesar. Oggidì è diverso, a fare il portiere si studia, mica si sceglie il ruolo per passione! Ne va di mezzo una carriera internazionale e guadagni certi. Che non facevano schifo neanche al mitico Gilmar, solo che lui ci teneva prima a vincere partite e titoli mondiali e poi a farsi una bella casa e a sposare la donna del cuore, quella che è stata con lui fino all'ultimo giorno, una settimana dopo il suo compleanno numero 83.

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