Chiappucci: parte il Tour, ma Nibali non sarà in giallo

“El Diablo”: «Questo non è più il mio ciclismo, che era più eroico e più sincero E una tappa come quella che vinsi al Sestriere nel ’92 sarebbe impossibile...»
Di Guido Barella

Si parte domani dall’Inghilterra ma è il Tour de France. E se pensi alla Grand Boucle non puoi ricordare certe imprese di corridori italiani, una fra tutte l’incredibile tappa del 18 luglio 1992, la Saint Gervais-Sestriere, con quella fuga vincente di 200 chilometri e cinque gpm, ovvero 6 ore e mezza in solitario a scalare montagne, di Claudio Chiappucci, El Diablo.

Chiappucci, domani parte il Tour de France: quanta nostalgia c’è pensando ai suoi Tour?

Nostalgia per il Tour? No, nostalgia per il mio ciclismo, un ciclismo più eroico, più sincero, più istintivo. Questo ciclismo di oggi, così tecnologico, tutto programmato, non mi piace proprio. Quella tappa del ’92? Oggi sarebbe letteralmente impossibile, non me la vedo proprio!

Poco più di un mese fa lei era sullo Zoncolan: cosa avrebbe fatto Chiappucci su quella salita?

Ero al Giro come commentatore della tv francese: davvero, nessuno è profeta in Patria... Cosa avrei fatto io sullo Zoncolan? Sicuramente molto meglio di quello che ho visto fare agli interpreti di questo Giro ai quali è mancato il coraggio, avevano tutti paura di saltare per aria...

Chiappucci, torniamo al Tour. Le speranze italiane sono tutte concentrate su Vincenzo Nibali.

Diciamo la verità: per aspirare alla vittoria finale, Nibali ha i suoi limiti rispetto a un Froome o a un Contador. Per carità, poi tutto è possibile, ma che cedano di schianto in due mi sembra alquanto improbabile. E poi secondo me Nibali doveva farlo lo scorso anno il Tour per puntare a vincerlo.

Nibali avrà la maglia tricolore di campione italiano sulle spalle: è una spinta in più?

No, al Tour sono ben altre le maglie alle quali pensi, a iniziare dalla maglia gialla e dalla maglia a pois...

Il Giro ha lanciato un giovane come Fabio Aru: cosa ne pensa del futuro del ciclismo italiano?

Aspettiamo per giudicare, troppi ne sono spariti negli ultimi anni. Insomma, vediamo se arrivano le conferme per i nostri ragazzi.

Davide Cassani, suo collega prima come corridore e poi come commentatore tv, è il nuovo ct azzurro. Come lo vede in questo ruolo?

Noto che sta facendo molti sopralluoghi sui tracciati, una volta non era così: andavi e gareggiavi... La verità però è che non abbiamo in questo momento in Italia uomini da corsa di un giorno, e non parlo di garette da 100 chilometri, ma da prove importanti, dai 200 chilometri in su. E non solo: un ct deve fare i conti con gli interessi delle squadre che preparano la stagione di ciascun loro corridore non certo badando agli interessi della nazionale...

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