Eusebio è morto, la Pantera Nera non graffia più

Il cuore di Eusebio da Silva Ferreira non ha aspettato nemmeno pochi giorni per festeggiare il 25 gennaio i 71 anni di uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio. Ieri mattina quello che è stato la Pantera Nera è morto a Lisbona. Ma il suo fisico da tempo aveva perduto la salute piena proprio mentre la sua gloria diventava più fulgida agli occhi dei tifosi portoghesi che si stanno appassionando a Cristiano Ronaldo.
Davanti al mitico stadio del Benfica, o estadio da Luz, che Eusebio portò in vetta all’Europa, c’è la statua in bronzo del leggendario attaccante che per 15 campionati splendette con la maglia rossa indossata anche dai famosissimi Aguas, Colunha, Santana e dal portiere Costa Pereira, allenati dal magiaro Bela Guttman. Il quale Guttman fece debuttare Eusebio segnalatogli dal brasilianio Bauer che l’aveva visto all’opera nelle periferie di Lourenço Marques, in Mozambico.
Con Eusebio l’attacco del Benfica divenne immarcabile. Aguas e poi Torres o Josè Augusto facevano le sponde giuste e il giovane mozambicano scattava come solo lui era capace per poi scaricare in porta sassate di rara potenza. Va ricordato che Eusebio era famoso anche per i tiri di punizione, davvero imprendibili. Incrociò il Milan nel 1963 a Wembley per quella che sarebbe potuta essere la terza vittoria portoghese in Coppa dei Campioni. Eusebio realizzò il gol del vantaggio fulminando Trapattoni sullo scatto ma poi l’organizzazione di gioco rossonera (e il malevolo fallo di Piatelli sul regista Colunha) la vinse sull’estro della Pantera Nera: Pantera Nera negli anni in cui Pelè era per tutti Perla Nera, due figli d’Africa come idoli degli appassionati del pallone.
Eusebio portò il Portogallo addirittura al terzo posto nel Mondiale d’Inghilterra. Era il 1966 e la Corea aveva eliminato l’Italia con il gol di Pak Do Ik. Gli asiatici stavano facendo lo scherzetto anche al Potogallo: il primo tempo era finito 3-0 con i coreani in vantaggio. Ma si svegliò la Pantera e realizzò quattro reti, che portarono il Potogallo in semifinale.
Da allora, Eusebio non ebbe più modo di brillare a lungo e con continuità perché i difensori non gli risparmiarono entrate assassine. Le gambe non rispondevano più ai comandi rapidissimi del cervello, la resistenza allo scatto era più flebile: per vincere i titoli in Portogallo bastava così, ma all’estero la competizione era ormai diventata impossibile. Così Eusebio emigrò negli Stati Uniti per rimpinguare il gruzzolo in banca già cospicuo per i premi e gli ingaggi messi da parte negli anni.
Fu comunque, Eusebio, il simbolo del Benfica e ambasciatore del calcio portoghese che da allora non ha vinto nulla, neanche l’Europeo organizzato in casa e lasciato nella partita decisiva a una mediocre Grecia schierata a catenaccio dal tedesco Rehaggel.
Ma il ricordo della Pantera Nera, i suoi dribbling e i suoi tiri restano nelle memorie dei tanti appassionati di un calcio che si racconta, come fosse una leggenda.
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