Fognini: «Un anno fa vincevo Montecarlo Ora vivo in un film e alleno la testa»

l’intervista
Fabio Fognini è ad Arma di Taggia, casa sua. Le giornate del campione in carica di Montecarlo sono occupate da Federico e Farah, i figli suoi e di Flavia Pennetta. «Siamo volati dalla Spagna il giorno prima che chiudessero tutto – spiega il n. 11 del mondo – la bambina è ancora piccola, ma qui ad Arma abbiamo una casa con giardino, Federico ha più spazio per giocare. Però ogni tanto si rende conto della situazione e diventa un po’ triste».
Gli ha detto cosa succede?
«Ha tre anni, vorrebbe correre per il mondo. Provo a spiegargli che è un momento difficile, che non si può uscire. Non sempre ci riesco»
Come va il match quotidiano contro l’isolamento?
«Di mio sono abbastanza ansioso, quando cala il sole mi incupisco un po’. È una situazione surreale, da film, cerco di tenere impegnata la testa. Ho carteggiato delle sedie e le ho passate con l’antiruggine, ho ridipinto un cancello. Di solito non ho tempo».
Il tennis è fermo: meglio annullare o rimandare?
«Non sono d’accordo che si giochi il Roland Garros una settimana dopo gli Us Open. Capisco serva a recuperare, ma è troppo vicino. Per gente come Nadal e Djokovic, che arriva sempre in fondo, quattro settimane di Slam in un mese non sono salutari».
Nadal potrebbe saltare gli Us Open, Federer il Garros.
«Non penso che Nadal lo faccia. L’unico che può pensarlo è Federer, anche perché la Laver Cup è nello stesso periodo. Sono in contatto con l’Atp, so che sfornano idee per quando migliorerà. Ma se continua così rischiamo di perdere tutto l’anno».
Giocherebbe a Natale?
«Avevo già deciso che non sarei andato in Cina a ottobre, a prescindere dal contagio, non me la sentivo. Il calendario prevede gli Usa, poi l’Oriente, poi l’Europa, ma la situazione è critica ovunque».
Si sente con altri tennisti?
«Ne ho sentiti tanti quando l’Atp doveva decidere cosa fare. Lopez, che è direttore del torneo di Madrid, Wawrinka, Dimitrov. Eravamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda, nessuno voleva giocare. Neanche a porte chiuse. Gli sponsor contano molto, ma noi giochiamo per gli spettatori che tengono su i tornei. A spalti vuoti ho giocato la Davis a Cagliari: molto triste».
Il calcio vuole finire il campionato a tutti i costi.
«Non metto becco e capisco che girano tanti soldi attorno al calcio. Ma quest’anno sarà tutta l’economia del Paese a prendere una bella botta. Sono dell’idea che bisogna remare tutti dalla stessa parte. Le istituzioni decideranno, ma giocare a porte chiuse non è bello».
Montecarlo era previsto a Pasqua: le mancherà giocare da campione in carica?
«Mi manca giocare. Ho perso febbraio per l’infortunio al polpaccio che non mi ha tolto continuità. Ho provato a farlo in Davis, ero pronto ad andare in America».
Invece è stato uno dei pochi a evitare la trasferta.
«Sono l’unico che l’ha sfangata. Avevo deciso di prendermi un giorno di più, accompagnare la famiglia a Barcellona e partire da lì. Avevo il volo alle 5. La sera prima Flavia stava stirando, io ero sul divano, le ho detto che andavo a riposare un po’ ma all’una e mezzo è suonato il cellulare: “Aspetta”. Poi è uscita la notizia che il torneo era stato cancellato. Ho avuto fortuna».
Come si tiene in forma?
«Non tocco la racchetta dal sabato della Coppa Davis (7 marzo, ndr). Faccio un’ora al giorno di esercizio fisico».
Paura di ingrassare?
«Come tutti. L’obiettivo è non superare gli 80 chili: per ora tutto okay».
Si è dato un obiettivo?
«La salute: non solo mia, di tutta la mia famiglia. Il tennis mi ha fatto girare il mondo e guadagnare tanti soldi. Ma ora l’ho messo in secondo piano». —
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