Il presidente dello Zaule: «Sara Gama è “nata” qua ma non ci danno nessun aiuto»

Il dirigente viola Giani: «Solo in campo maschile previsti premi ai club da cui vengono gli atleti della Nazionale. Ecco perché il femminile non decolla»

TRIESTE Luigi Giani, una vita nel calcio, anima dello Zaule Rabuiese, non lo nasconde. A vedere in tv le partite della Nazionale italiana femminile di calcio si è emozionato. Perché la capitana della squadra azzurra è Sara Gama, la triestina Sara Gama, che proprio nello Zaule - società che nella passata stagione contava qualcosa come 140 tesserati nel proprio settore giovanile - è “nata” come calciatrice.

Presidente Giani, ricorda i primi passi di Sara da calciatrice?

Quando Sara è arrivata da noi io ero già presidente della società: ricordo che giunse allo Zaule per seguire altri bambini, suoi vicini di casa nella zona di Costalunga, che avevano scelto di venire a giocare nella nostra società. Stefano Michelutti (oggi non più con noi ma al Sant’Andrea San Vito) è stato il suo primo allenatore, Gastone Turcino il dirigente che la tesserò. Beh, che dire: era una bambina di sette anni ma si è capito subito che aveva tutte le doti per diventare una bravissima atleta, che aveva un talento sportivo naturale. Con noi rimase quattro anni: due stagioni con i Pulcini, due stagioni con gli Esordienti. Poi, passò alla San Marco Sistiana che era una società femminile...

Che calciatrice era la piccola Sara?

Aveva già allora una passione immensa. Non mancava mai a un allenamento, e alla fine delle sedute lei si fermava in campo per continuare a palleggiare. No, non è stata certo una sorpresa vedere fino a dove è riuscita ad arrivare. Inoltre era già una bimba molto intelligente, lo ha confermato crescendo.

E per lo Zaule è un vanto particolare aver dato i natali calcistici alla capitana azzurra...

Certamente. Tra l’altro Sara è l’atleta dello Zaule che è arrivata più in alto. Tra i maschi, c’è stato qualche ragazzo approdato in serie C, niente di più. E allora già dopo la vittoria all’Europeo under 19 nel 2008, dove pure Sara era la capitana della squadra azzurra, la segnalammo come atleta dell’anno al Comune di Muggia e venne infatti ufficialmente premiata. E non mi fa un effetto particolare che il nostro calciatore più in mostra sia una donna: da sempre per me lo sport è occasione per unire tutti, per andare oltre ogni differenza, anche di sesso.

Lei, presidente Giani, è stato a lungo anche consigliere regionale della Federcalcio: anche gli altri dirigenti sono stati sempre così favorevole all’apertura alle ragazze nel calcio?

Lo devo dire: purtroppo, no. La responsabilità, per il fatto che in Italia il calcio femminile sia così poco sviluppato, è tutta della Federazione. A parte, ovviamente, qualche eccezione: ad esempio, non posso non sottolineare l’impegno profuso per anni in regione da Elio Meroi, fino a due anni fa responsabile proprio del calcio femminile. Ma in generale quando sollevavi la questione, ti mettevano a tacere dicendo che tanto il calcio femminile è un qualcosa per pochi intimi, che è inutile perdere tempo. E investire soldi ...

A proposito di soldi, non ci sono incentivi alle società...

Le faccio un esempio. In campo maschile, se un ragazzo arriva in Nazionale anche la società nella quale ha mosso i primi passi ottiene un premio di valorizzazione dalla Federazione. Bene, se una ragazza arriva in Nazionale, invece, nulla viene riconosciuto alla società. Per anni ho sollevato la questione in ambito federale, niente. Ho scritto non so quante lettere: non ho mai ricevuto risposta.

Rimane la soddisfazione nel constatare che però ci aveva visto giusto, che anche il femminile può dare belle soddisfazioni. E magari a settembre saranno in tante le bambine che chiederanno di giocare a calcio...

Spero proprio che sia così, spero che anche i genitori capiscano che il calcio può essere uno sport anche per le ragazze. Ma la Federazione deve darsi una mossa, essere vicina alle società anche, ad esempio, per risolvere i problemi logistici che nascono dall’avere bambini e bambine, ragazzi e ragazze assieme al campo, e penso ad esempio alla questione degli spogliatoi. Sara arrivava già cambiata, o andava a casa di una dirigente che abitava lì vicino. Le pare possibile? Spero proprio che in Federazione ora cambi la mentalità sul femminile.—


 

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