LA MISSION? FAR SOLDI, PER FAR SOLDI...
di STEFANO TAMBURINI
Succedono cose sempre più surreali in questo mondo perennemente al limite, pronto a vendere il peggio nelle scatole delle favole per bambini. Ad Austin, domenica scorsa, hanno corso solo 18 monoposto perché due scuderie hanno finito i soldi, strozzate da criteri di ripartizione di una torta ricca solo per i team di primo piano e per il capo dei capi, Bernie Ecclestone. Anche in Brasile e ad Abu Dhabi non ci saranno Marussia e Caterham con le loro quattro vetture in coda al gruppo. Per il prossimo anno, inoltre, le prospettive sono quelle che sono. Cioè misere.
Non che i soldi non ci siano, anzi. Lo sfarzo che si vive nel paddock è un oltraggio non solo alla miseria ma anche al buon senso. Solo che con l’appeal in caduta libera – conseguenza anche di un campionato trasformato in una Formula Mercedes – qualcosa comincia a scricchiolare. Al punto che il capo dei capi fa finta di essere il tenero Bernie del cartone animato con Bianca e, senza aspettare di tornare nella terra dei canguri, si lascia andare a un mea culpa più finto del salotto tv di Barbara d’Urso. Ha fatto capire che andando avanti così le auto al via potrebbero diventare 14 (anche Sauber e Lotus tremano) e che va rivista la ripartizione dei soldi. Di fatto ha passato la palla alle scuderie ricche in previsione di una ridiscussione dei segretissimi accordi interni. I team hanno risposto picche: «Semmai – gli ha ricordato il ferrarista Marco Mattiacci – bisogna ampliare la torta». Spuntano così ipotesi di allargare il calendario fino a 24 gare, in barba al finto contenimento delle spese. Quello che ha finito per soffocare i team più piccoli che acquistano i motori dai big, che a loro volta devono rientrare da costi sempre più esosi di sviluppo. È molto probabile anche che presto l’Europa perda molti circuiti storici sempre pieni di spettatori. Questo per far posto a ricchi baracconi senza tradizione e dal pubblico cartonato. Il collegamento può apparire lontano ma la logica è la stessa del miracolo economico italiano dei primi anni sessanta del secolo scorso, meravigliosamente descritto da Giorgio Bocca in un reportage da Vigevano: «Fare soldi, per fare soldi, per far soldi. Se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste». Ecco, appunto: allora erano «milionari a battaglioni e neanche una libreria», oggi anche peggio.
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