L’Udinese per la sorella di “Moro”. E Totò denuncia: ritmi eccessivi

UDINE. Poi, il “Moro” in campo la domenica non ci andava. E nemmeno in panchina. Ma la vita di un calciatore è fatta anche di altro. Piermario Morosini e l’Udinese. Ore e ore di allenamenti vissuti assieme, perché una chiamata può sempre arrivare e bisogna essere pronti (e infatti per lui era arrivata, a gennaio, dal Livorno e pazienza che fosse in B: lì poteva giocare), ore e ore nello spogliatoio, gli scherzi tra la doccia e il lettino dei massaggi. Battute, ma anche confidenze. E a Udine allora tutti i compagni conoscevano la storia di Piermario Morosini, il “Moro”, i genitori morti che lui era un adolescente, il fratello handicappato che aveva deciso di lasciare questa vita proprio quando lui arrivava a Udine, sette anni fa, e la sorella, bisognosa di assistenza anche lei, rimasta a Bergamo, seguita da una zia.
E allora adesso l’Udinese scende in campo per lei, per la sorella del “Moro”. Come, lo ha spiegato ieri Totò Di Natale a Udinese Channel: «Conosciamo bene la situazione della sorella - ha detto il capitano - e noi come squadra e la società con la fondazione Udinese per la vita guidata dalla signora Pozzo abbiamo deciso di darle una mano, ha tanto bisogno di noi». Totò ha già parlato con i capitani delle altre squadre di A e B e con il presidente dell’Assocalciatori Tommasi: «Tutti si sono resi disponibili, perché l’importante - ha spiegato il capitano ai microfoni della tv bianconera - sarà essere vicini alla sorella di Piermario non solo per un giorno ma per tutta la vita. La ragazza ha bisogno di noi, e vogliamo aiutarla. Per lei e anche per Mario: per me lui era come un fratello».
Totò Di Natale sabato pomeriggio era davanti alla tv, nella sua camera del ritiro nell’albergo in centro a Udine in attesa di salire sul pullman e andare allo stadio per giocare la sfida con l’Inter. E ha subito capito che era accaduto qualcosa di gravissimo. «Con tutti i compagni abbiamo immediatamente deciso che noi non avremmo giocato e l’abbiamo detto al mister. Ma anche la società si era già mossa con i dirigenti dell’Inter, che ringrazio per la sensibilità dimostrata. Poi è arrivata la decisione di Federazione e Lega. Ed è stata la decisione più giusta». Ma Di Natale aggiunge anche altro: i ritmi di gioco sono ormai ossessivi, ed eccessivi. «Ne ho parlato anche con i medici - spiega a Udinese Channel -: io ho 34 anni e lo scorso anno ho pensato di ritirarmi perché non si riesce più a riposare. Il calcio è bello, ma c’è la salute da salvaguardare».
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