Quel “Viva là e po bon” a Bologna

Andrea Ceccotti ricorda aneddoti ed episodi dello spareggio con la Pinti Inox

TRIESTE. In quel drammatico e poi esaltante spareggio-salvezza di A2 fra Trieste e Pinti Inox Brescia del 15 aprile 1976 a Bologna, in campo (o meglio, in panchina) con i biancorossi c’era anche Andrea Ceccotti, per alcuni mesi nella stagione appena conclusa general manager della Sgt Calligaris. Adesso che siamo a poche ore da un’altra Brescia-Trieste decisiva, i ricordi di quell’avventura tornano a galla. A cominciare da una similitudine: «Alla fine di quello spareggio, nel palasport di Largo Azzarita, tutti a cantare “Viva Là e Po’ Bon”, proprio come domenica scorsa - rivela - e mi ricordo di avere visto tantissima gente piangere di gioia, quella volta, noi e lo staff compresi. Partimmo da sfavoriti e contro ogni pronostico la portammo a casa».

Era una squadra tutta triestina, quella: 11 “patocchi” e/o adottati (Bacchelli, Pozzecco, Bubnich, Forza, Ceccotti, Oeser, Meneghel, Iacuzzo,Bassi, Millo, Zovatto) e l’americano Butch Taylor, l’unico professionista. «All’inizio di quella stagione lo sponsor Lloyd abbandonò e lo stesso fece la Sgt - ricorda Ceccotti -. Di fronte al rischio di scomparire dal basket di vertice, con una sottoscrizione popolare e l’intervento di diversi cittadini che diventarono soci si creò una nuova società che ereditò i diritti della A2, con presidente Goruppi. Ginnastica Triestina e Italsider) diedero gratis i giocatori alla Pallacanestro Trieste che poté così disputare la stagione. Gli italiani non percepirono alcun compenso fino a gennaio quando si cominciò a garantire un rimborso di ben 50mila lire al mese». Stagione difficile, si arriva allo spareggio, con un antefatto da raccontare: «A Brindisi, ultima di campionato decisiva per non andare allo spareggio, ne beccammo 20, ma il sabato avevamo passato una splendida giornata in un agriturismo pugliese di proprietà proprietà del Lloyd, tornando a casa dopo la partita in treno carichi di olio e carciofi. Fummo accolti alla stazione dai tifosi che già si preparano a seguirci a Bologna, anche se forse meritavamo due bastonate per come avevamo giocato a Brindisi».

Quindi, lo spareggio: «Franco Pozzecco mi ha rivelato che quella volta si era sparsa la voce che il Lloyd, dove lavoravano lui, Meneghel, Millo, Bassi, Zovatto e forse già Bubnich, non voleva concedere le ferie per lasciarli venire a Bologna avendo già fatto molte assenze dal lavoro, per il basket. Intervenne d’ufficio Ettore Zalateo e sbloccò la situazione».

E dopo l’agriturismo pugliese, il ritiro a 5 stelle in Emilia: «Sergio Bubnich mi ricorda che andammo in ritiro a Sasso Marconi in uno splendido hotel, dove di solito alloggiava la Juventus quando andava a giocare contro il Bologna. Riccardo Oeser teneva la contabilità, ogni cinque minuti arrivavano le telefonate in albergo, non c’erano ancora i telefonini, con il progressivo aumento dei pulmann dei tifosi al seguito. Alla fine furono quarantotto, che partirono davanti alla piscina Bianchi dove avevano creato una coda interminabile pronta all’assalto del Palasport di Bologna».

Assalto vincente, ma con un retroscena nascosto: «Negli anni successivi Doriano Iacuzzo dormiva in trasferta in camera con Angelo Baiguera, arrivato proprio da Brescia dopo quello spareggio, e mi rivelò come proprio da lui seppe che vincemmo a Bologna poichè Charlie Yelverton, che a Trieste aveva fatto il fenomeno, era andato era in rotta totale con l’allenatore Mangano e di fatto non giocò la partita».La dirigenza prometteva premi salvezza che a parole crescevano progressivamente prima e anche dopo lo spareggio. Ma in realtà non arrivò una lira. «Il vero premio partita fu la crociera in Istria in caicio, il “Refado” - ricorda ancora Ceccotti -, addirittura per tutto un weekend. Ma il ricordo più vivo sono le duemilatrecento persone che arrivarono a Bologna con bus, treno e auto private. Due miei ex compagni dell’Oberdan riuscirono a raggiungere Bologna in tempo per la partita con una Vespa Primavera!». (ma.co.)

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