Ucciso a Novo Mesto: avrà il suo nome la legge con misure in chiave sicurezza

Il governo sloveno predispone la stretta con una omnibus dopo la tragica aggressione ai danni di Aleš Sutar

Stefano Giantin
Il Parlamento di Lubiana
Il Parlamento di Lubiana

Il governo cerca di superare il momento difficile e lavora a contromisure. L’opposizione rimane invece sulle barricate e chiede le dimissioni del ministro del Lavoro e dello stesso premier. Nel frattempo, l’indignazione popolare non accenna a diminuire. È lo scenario che si sviluppa nella vicina Slovenia, ancora scossa dal grave episodio di violenza registrato sabato a Novo Mesto, con l’aggressione contro un padre 48enne, morto poi in ospedale per le ferite alla testa che gli sarebbero state inferte da un giovane di 21 anni, di etnia rom.

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Boštjan Poklukar, il ministro degli Interni sloveno. Foto Parlamento

Aleš Šutar, questo il nome della vittima, che sarà a lungo ricordato a Lubiana, anche grazie a una legge, ora in cantiere, che porterà il suo nome. Ad annunciarlo, è stato lo stesso premier Robert Golob, precisando che la normativa sarà una sorta di legge-omnibus, contenente svariate misure su sicurezza, società e codice penale, alcune destinate sicuramente a far discutere.

Lubiana, in particolare, mira a concedere maggiori poteri alle forze dell’ordine, con la polizia che potrà monitorare con maggiore autonomia aree a rischio, condurre raid, perquisizioni e sequestri di proprietà dall’origine non chiara. Pugno di ferro poi contro i recidivi, verso i quali «non ci sarà comprensione», ha detto Golob. Saranno così aggravate le pene previste a chi è solito delinquere, ma anche contro chi commette violenza, ancor peggio se in gruppo.

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La presidente della Repubblica slovena Natasa Pirc Musar

Non solo pene più pesanti, si andrà anche a toccare il portafoglio, con il governo sloveno che sta valutando tagli ai sussidi sociali in caso di crimini. E addirittura la cancellazione degli aiuti alle madri minorenni, un problema nella comunità rom, misura destinata ad attizzare polemiche e a creare divisioni. Ma «non possiamo incoraggiare con sostegni finanziarie delle ragazzine ad avere figli prima che compiano 18 anni», ha dichiarato Golob, aggiungendo che l’attuale modello di sussidi di fatto faciliterebbe «la schiavitù» di donne e giovani «negli insediamenti rom».

La «legge Šutar», così battezzata «per non dimenticare» il padre morto solo per aver tentato di proteggere il figlio a Novo Mesto – a migliaia hanno partecipato a una nuova veglia in sua memoria – sarà sottoposta al vaglio del Parlamento a metà novembre. E dovrebbe essere approvata entro la fine del prossimo mese. Legge che potrebbe non bastare, per placare la rabbia delle opposizioni, con l’Sds di Janša e Nuova Slovenia che ieri hanno presentato una mozione di sfiducia contro il ministro del Lavoro, Luka Mesec, con l’accusa di aver «fallito clamorosamente» nel suo compito di integrare la minoranza rom.

Nessuna colpa, tutti i politici «per 20, 30 anni si sono girati dall’altra parte quando i bambini non andavano a scuola, le persone erano senza lavoro, quando il crimine organizzato entrava» negli insediamenti, ha replicato Mesec. Ma il vero obiettivo rimane Golob. Sarebbe lui a doversi dimettere per primo, perché «non in grado» di gestire il Paese, ha ribadito Janša via X.

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