A spasso per Trieste con la cara Armida dal Farneto alla chiesa di Villa Revoltella

TRIESTE In una delle brevi e circoscritte passeggiate che possiamo fare in questo periodo, sono uscita con Armida, un’anziana e arzilla signora classe 1874: 146 anni di morbin appena compiuti e festeggiati con una due giorni di lockdown rave party! Abbiamo mantenuto la distanza di sicurezza e indossavamo entrambe la mascherina modello altruista. Lei ogni tanto la calava sotto al mento per farsi una sigaretta, una di quelle che fanno ridere! Passetti rapidi Armida nonostante gli acciacchi dovuti all’età! «Dei su veloce che el sol magna le ore!». Una mano ben attaccata al bastone, l’altra libera in movimenti scorbutici come a voler prendere tutta l’aria che la circondava con una certa voracità. «Vien qua! Te vedi quell’albereto spelachià? Ecco fin la podemo ndar! Dopo dovemo tornar indrio! Ma se te vol, te ghe da un sluk de sto beverage che ga fatto zento anni fa la buonanima del mio defunto marì Erminio, che iera professor de chimica, e te posso portar a far el tour dei miei posti del cuor de Trieste! Una volta i pagava fior fior de soldoni per sto tour! xe i posti che me fa galoppar el cuor quasi fin a farlo sc’ciopar!». Detto fatto. Armida mi passa una fiaschetta di Slivoviz da collezione e butto giù un sorsetto del liquido che sa di prugne, muffa e naftalina. «Daghe! Tira zo un bel slonz!fa come mi! Glu glu glu!».
Un altro sorso e di colpo vedo la mascherina svolazzare e appoggiarsi al suolo. Siamo diventate invisibili. «Bon! Ingruma el tuo altruismo e mettemose in marcia!». Arrivate all’alberello spelacchiato giriamo a sinistra, prendiamo una scalinata, poi una stradina in salita, poi una piccola discesa sulla destra, altri gradini e un strada sterrata in mezzo al bosco. È il bosco del Farneto, non lontano da Viale xx Settembre. Un parco, bello grande, dove puoi incontrare scoiattoli, caprioli e cinghiali. Dove puoi camminare nella natura non lontano dalla città. «Ara qua! Bottiglie de vetro, bottiglie de plastica, cartoni de vin, cichini, biceri, scovazze de ogni tipo! E dopo se lamentemo se la natura ogni tanto ne tira do scapelotti! Alo ingrumemo sta porcheria e ndemo avanti!». Cerco di tenere il suo tenore di marcia e dopo una decina di minuti arriviamo alla Rotonda del boschetto. «Te vedi questa scultura in legno? Xe un mussolo! Ogni volta che arrivo qua torno indrio con la mente de almeno un’ottantina de anni e son la... sulla terrazza del bagno Ausonia, bela zucada,zovine, col mio trichini, e un scartozeto de mussoli bei caldi pieni de limon!».
Mi accorgo che per un attimo, solo per un attimo, gli occhi di Armida si fanno lucidi. Proseguiamo e dalla rotonda del boschetto risaliamo e rientriamo in bosco. Destinazione Longera. «Desso te porto in osmica dal mio amichetto Aldo Bevandela ! Tutta la sala per noi, do tavoli e vin quanto che gavemo voia!». Finito di bere , si riparte ! Altro bosco. Altro silenzio. Altro odore di alberi in fiore, di gelsomino che arriva da lontano in un’aria mai stata così tersa e pulita e che si: fa sc’ciopar el cuor!. «A mi sto odor de gelsomin me ricorda l’odor dela lettiera del mio gato Biagio!». Saliamo e arriviamo al Ferdinandeo. Poco distante c’è il parco Revoltella.«Te vedi sta chiesetta? Qua go sposà el mio terzo marì, Renato. E qua vegnivo a pattinar de muletta e me go anca rotto una gamba e un brazo!». Scendiamo ma questa volta senza passare dal boschetto. Facciamo alcune vie sopra Rozzol, vie che una volta erano campagna con tanto di viti e terreni coltivati. Scendiamo per Scala Bonghi. E poi risaliamo. «Un poco de step su e zo pei scalini ne tonifica le chiappette!». E ancora: scendiamo e risaliamo. Siamo in via dell’Eremo. Casette che sanno di antico, di passato.«In sta casa qua, go vissudo coi miei. Ogni venerdì mama faseva calandraca. Un anno i ne ga taia’ la luce e mi me approfittavo per uscir, de sconton, a sfumazzar come un camin col mio morosetto scrivano Italo soto ale pergole de glicine».
Da qua si vede il mare. Si vede il porto vecchio, si vede l’Ursus, si vede quasi tutta la città in una gamma di colori pastello, tenui e morbidi; la Trieste sul mare ma da lontano,in un tratto deciso, sensibile come in un bel quadro. Mi fermo come imbambolata. Da quassù si vede...«Ara che te se vedi i gambaleti! Dovemo tornar zo che tra un poco l’effetto del beveron svanissi cocola!». Acceleriamo il passo. Armida va ancora più veloce perché prima di tornare ad essere visibile vorrebbe riuscire a farsi l’ultimo ottavo di vino in bocciofila. Passiamo davanti all'ex caserma Vittorio Emanuele III. «Qua me fasevo i oci!». Passiamo davanti al Liceo Classico Petrarca. «Quanti piconi in grego che me go beca' in sta scola!». Percorriamo via Rossetti,svoltiamo a destra poi dritte fino a una scalinata. Scendiamo e ci ritroviamo all'alberetto spelacchiato dove tutto ha avuto inizio. Saluto Armida e la ringrazio. «Xe sta un piazer cocola! Inamorite de un postisin che la prossima volta te toca a ti organizar un tour!». Se ne va veloce , una mano ben attaccata al bastone ,l'altra più o meno visibile a pizzicare il didietro di alcuni distinti anziani che trova sulla sua strada. —
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