A Trieste apre la prima “oasi” per celiaci

TRIESTE Entrare in un bar senza il timor panico di poter farsi del male. Avere la certezza che in quel posto tutto ma proprio tutto è realizzato secondo le regole di alimentazione che ti impone la tua malattia. Sembra poco, ma è un grande passo avanti per i celiaci che da una settimana circa dispongono del primo posto di ristorazione interamente dedicato a loro. Si chiama Bar Discafe e ha preso il posto, in via Mazzini 43/a di quello che fu dapprima il Bar Koala e poi, per un periodo meteorico, il Cafè Mazzini.
Pur essendo regolarmente aperto, il locale è un work in progress. La nuova insegna attende ancora di essere sistemata, così come il condizionamento e alcuni piccoli accorgimenti interni. Ma l’importante per Emilio Aina, piemontese di Novara, a Trieste dal 2005, era partire.
«La mia scelta - racconta - non è stata di tipo commerciale ma, diciamo così, familiare, visto che mia figlia ha scoperto a 14 anni, con tutti i disagi del caso, di essere celiaca. Da lì è cominciato il mio approfondimento, poi concretizzatosi nell’apertura di questo posto».
Dal di fuori (e dal di dentro) il Bar Discafe sembra un esercizio normale, ma basta una rapida occhiata alle vetrinette per capire che qui si bada ai particolari. Le brioche sono sottovuoto e, per non essere contaminate dall’ambiente, vengono scaldate in un fornetto dedicato solo a loro, come tutto il resto, dai tramezzini alle pizzette. «Le offerte per i clienti che non soffrono della malattia - sottolinea Emilio - sono quelle consuete, ma per evitare contaminazioni ho dovuto rinunciare a certi prodotti. Non faccio toast, ad esempio».
Per i suoi approvigionamenti il titolare si appoggia ad alcune case ben note tra i celiaci: Suavis, che ha un catalogo che va dai tè senza glutine alle creme, Belli Freschi, Schar. Da qui arrivano yogurt, succhi di frutta, bevande di vario tipo, generi dolci e salati. Con la stessa sensibilità è stato anche deciso di disporre una linea per le persone intolleranti al latte. «Da quello intero allo Zymil a quello di soia, c’è tutto».
E non si creda che l’attenzione a quello che si beve sia meno intensa. «Preferisco per principio le bottiglie di vetro - ammette Aina - che comportano meno rischi e non incidono sul gusto, ed è così dalla Coca Cola ai succhi. A proposito, teniamo anche una birra per celiaci, la Daura».
Il primo approccio con la clientela è stato dichiaratamente molto positivo. «Ci sono molti celiaci a Trieste, ho scoperto, anche qui in zona. Ad alcune commesse non sembrava vero di poter andare in un posto dove non devono fare i salti mortali per trovare qualcosa da bere o da mangiare che gli vada bene. Tra l’altro, visto che abbiamo mantenuto la tradizione dei frappè che risaliva ancora ai tempi del Bar Koala, con la variante celiaca, appunto, ho avuto la mia prima soddisfazione quando una ragazza, quasi commossa, ne ha ordinato uno» racconta Emilio. «Non potevo farlo da dieci anni, per la mia malattia», mi ha detto, ed era raggiante dalla gioia».
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