Alberi abbattuti in tutta la Bisiacaria «La strage va evitata come fece Gorizia»

I “fridays for future” continuano e la sensibilità ambientale cresce. A livello locale non pare, però, sia sempre così, anche se di mezzo, oltre al bilancio ecologico del territorio, ci vanno memoria e paesaggio. L’ultimo, eclatante caso, perlomeno per le associazioni ambientaliste, ma anche molti cittadini, è quello dell’abbattimento dei centenari tigli di via Duca d’Aosta a Ronchi dei Legionari. A precederlo c’è stato comunque il taglio lungo la linea per Udine da parte di Rete ferroviaria italiana di 50 alberi, in larga parte pini e cipressi, alcuni secolari alcuni invece messi a dimora nel 1936 quando fu inaugurata la Regia stazione di Redipuglia. E poi l’altro taglio di alberature in corrispondenza della stazione ferroviaria di Ronchi Nord e quello messo in atto a Staranzano, nella zona del campo di baseball.
«Eppure, visti i cambiamenti climatici in atto, dovremmo prestare attenzione a ciò che facciamo e cercare di salvaguardare il verde già esistente il più possibile», sottolinea il ronchese Alfredo Altobelli, ricercatore in Ecologia del Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste, con un incarico di docenza al corso di laurea in Architettura. «Gli alberi sono un patrimonio per ciò che ci hanno restituito in CO2 assorbita e ossigeno prodotto – afferma – e come tali andrebbero curati e sottoposti a manutenzione. Quanta anidride carbonica i tigli di via Duca d’Aosta hanno trattato in 100 anni? Si dovrebbe riflettere a questo aspetto, oltre al fatto che, spesso, gli alberi eliminati fanno parte del nostro paesaggio e della nostra storia».
In quanto tali, andrebbero quindi salvati, se questo è possibile. «Se 22 tigli potevano essere mantenuti, andava fatto», aggiunge Altobelli, che «soprattutto come cittadino residente» si sente di esprimere il suo «pieno disappunto e sdegno sull’azione intrapresa dall’amministrazione comunale» di Ronchi dei Legionari. «Perché azioni di “mediazione” sono possibili», afferma ancora. Altobelli pensa innanzitutto ai cipressi lungo la strada del Vallone, dove però l’opinione pubblica e l’Ordine degli architetti della provincia di Gorizia riuscirono a fermare l’abbattimento totale a favore di una sostituzione delle piante compromesse con altri esemplari della stessa specie. «Se si va a Gorizia e si osserva il percorso alberato della cosiddetta Via sacra, si può notare che la cosa ha funzionato», dice Altobelli, che ritiene vadano sempre analizzate delle soluzioni alternative prima di procedere all’abbattimento. Che pare attendere a Monfalcone gli enormi pini italici di via Baden Powell, via Acque gradate e il tratto meridionale di via Marziale.
«Mi pare, però, che a Belvedere di Grado si sia riusciti a evitarlo», ricorda il ricercatore universitario, ritornando sull’importanza degli alberi al di là della loro valenza ambientale. «Via Duca d’Aosta a Ronchi è irriconoscibile, la questione dei tigli assumeva per i cittadini, un significato molto importante dal punto di vista storico, cosa che il Comune ha completamente ignorato», ribadisce.
La partita, poi, è solo al primo tempo, perché dopo l’eliminazione si deve procedere alla sostituzione. «Il problema delle alberature stradali, visti i cambiamenti climatici in atto, è sempre più complesso e presuppone una sufficiente preparazione culturale sotto il profilo scientifico – conclude Altobelli –. Si deve ragionare sull’introduzione di specie “aliene”, visti i problemi creati ad esempio dall’ailanto, e non ci si deve basare sull’unico criterio dei ridotti problemi di manutenzione delle piante». —
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