Binari affacciati sul mare Un secolo di “Rivabahn”

di Claudio Ernè
Fumo nero di carbone, sbuffi di vapore, carri merci che sferragliano e un omino in divisa nera che cammina precedendo la locomotiva e ha in mano una bandiera rossa.
Gli edifici delle Rive portano sulle loro facciate i segni di quanto per quasi un secolo è uscito dai camini delle vaporiere che percorrevano tre o quattro volte al giorno e la “Rivabahn”, o meglio il raccordo provvisorio che dal 1887 collegò l’attuale Stazione centrale con i binari dello scalo di Sant’Andrea, con la ferrovia per Erpelle e poi con la Transalpina. La linea tracciata a pochi metri dall’Adriatico metteva in comunicazione il Porto Vecchio con quello Nuovo e oltre agli edifici della Sacchetta affumicava palazzo Carciotti, l’hotel de la Ville, la chiesa greco-ortodossa di San Nicola, il teatro Verdi, la sede del Lloyd triestino, l’albergo Savoia-Excelsior, la Stazione marittima e la pescheria centrale.
I convogli procedevano a passo d’uomo. La velocità massima ammessa dal regolamento era di sei chilomeri all’ora ma negli ultimi anni dell’esercizio la velocità commerciale era diventata ancora più bassa a causa delle frequentissime soste forzate delle locomotive. I convogli erano fermati dalle automobili che molti turisti parcheggiavano accanto ai binari, mai immaginando che di lì a poco sarebbe transitato un treno. Ma anche la negligenza e l’indolenza dei triestini hanno contribuito alle fermate non previste delle locomotive e ai successivi costosi interventi dei carri attrezzi.
La “Rivabahn” aveva iniziato a essere percorsa nel 1887: avrebbe dovuto costituire un collegamento temporaneo. Invece è sopravvissuta a due conflitti mondiali, all’avvicendarsi di occupazioni straniere e a sventolii di diverse bandiere nazionali, nonché all’avvento della motorizzazione di massa.
Questo treno anomalo ha visto transatlantici immensi e navi irte di cannoni arrivare e partire dalla Stazione marittima; ha assistito all’ammaraggio degli idrovolanti all’interno dei bacini San Marco e San Giusto. Non si è fermato nemmeno quando gli emigrati ebrei provenienti dal Centro Europa fuggivano in Palestina e quando gli esuli istriani si imbarcavano per le Americhe e l’Austrialia.
Il treno sbuffando usciva dallo scalo di Campo Marzio, attraversava via Giulio Cesare, bloccando il traffico, si immetteva su un raccordo separato dalla strada oggi diventato un parcheggio privato. Poi superava l’edificio del Museo del mare ed entrava in Riva Grumula, passando tra l’attuale Stazione Rogers e le sedi - prima galleggianti, poi in muratura - delle società nautiche.
Le locomotive del gruppo “740”, le più longeve, affidabili e numerose del vapore italiano, sono state per decenni le regine della “Rivabahn”. Hanno addestrato generazioni di macchinisti, ma hanno insegnato a molti di noi la passione per il vapore. Poi, a partire dagli Anni Settanta, sono arrivati i locomotori diesel e a poco a poco le antiche locomotive “740” non hanno più percorso le rive. Infine nel maggio del 1981 è stata inaugurata la cosiddetta “linea di cintura”, la circonvallazione che ha mandato definitivamente in pensione dopo 94 anni la linea della Rive. Rivabahn addio.
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