Dalle stazioni di Fuksas fino al Tar: la cabinovia di Trieste è costata già un milione
Il dossier diffuso dal Comitato No Ovovia ripercorre le spese sostenute tra progetti, studi e avvocati

Le stazioni Fuksas definite “orrende” da Vittorio Sgarbi e poi scartate dalla Soprintendenza, le perizie tecniche, i piani di esproprio contestati, gli studi sugli uccellini del Bovedo commissionati all’Università di Udine e, non da meno, le salate parcelle degli avvocati chiamati a difendere l’operato del Comune nelle aule di giustizia, fino alle ultime sentenze del Tar del Friuli Venezia Giulia.
La cabinovia è già costata – almeno – un milione di euro, in buona misura “anticipati” a valle di un progetto la cui effettiva realizzazione, in questo momento, appare in bilico. A fare i calcoli è, ancora una volta, il Comitato No Ovovia, che all’indomani dei verdetti che annullano i protocolli ambientali di Vinca di III livello e Vas alla base dell’iter mettono in colonna – in un documento inviato al Piccolo – le principali spese sostenute dal Comune negli ultimi quattro anni a favore dell’impianto a fune, tra incarichi tecnici, consulenze scientifiche e corpose difese legali.

Il capitolo più noto e chiacchierato vede l’affidamento a Doriana e Massimiliano Fuksas dell’incarico di disegnare i piloni e le stazioni intermedie della cabinovia in Porto Vecchio. Era il marzo del 2022. I primi render vennero svelati nel giugno di quell’anno, con un grande evento in Molo IV animato dalle avveniristiche immagini di pannelli esagonali.
L’idea era di proiettare la cabinovia nel futuro, ma alla Soprintendenza la proposta non piacque («una roba orrenda», commentò l’allora sottosegretario alla Cultura) e così le stazioni vennero cancellate in blocco dal progetto definitivo del novembre del 2023. Il tutto costò 138.500 euro.
Molte spese riguardano l’articolata lista di incarichi a professionisti esterni che a partire dal 2021 hanno affiancato gli uffici comunali nel lungo iter del progetto.
Il Comitato No Ovovia ne individua diversi: le consulenze dell’ingegner Fabio Lamanna in materia di mobilità sostenibile (stimati 183 mila euro), vari studi di compatibilità idraulica e geologici (circa 46 mila euro) più le verifiche per validare il progetto di fattibilità (in tutto 70 mila euro circa), valutazioni dell’impatto archeologico (10 mila euro), elaborati paesaggistici e ambientali richiesti dalla variante urbanistica (107 mila euro), verifiche del calcolo dell’impronta di carbonio (6.100 euro), le varie modifiche progettuali in vista del bando di gara (176 mila euro) e il successivo incarico di commissario esterno (1.269 euro).
Rilievi e piano particellare per gli espropri costarono 83 mila euro. Altri 30 mila euro furono richiesti dallo studio di Alfonso Femia per integrare nello studio paesaggistico della cabinovia le osservazioni della Soprintendenza, anche in relazione al progetto del parco lineare nel tratto di sorvolo su Porto Vecchio. Molti altri incarichi a professionisti esterni si perdono nelle determine dell’ente.
Ci sono poi le consulenze tecnico-scientifiche in materia ambientale, tra cui un incarico all’Università di Trieste da 31 mila euro risalente al 2022. Nell’ambito della procedura di Vinca di III livello (appena annullata dal Tar) il Comune aveva quindi richiesto il supporto scientifico dell’Università di Udine, commissionando uno studio sull’impatto della cabinovia su flora e fauna del Bovedo, tra cui i suoi uccellini. Il tutto, rileva il Comitato, costò non poco: due incarichi da circa 57 mila euro l’uno.
Fanno corpo a sé le parcelle dell’avvocato Vittorio Domenichelli del Foro di Padova, arruolato al fianco dell’avvocatura comunale per resistere ai numerosi ricorsi presentati negli anni da residenti a rischio esproprio e associazioni ecologiste, compresa l’ultima udienza del 15 luglio scorso dall’ormai noto esito. Il Comitato No Ovovia calcola spese legali per circa 165 mila euro, e i ricorsi non sono ancora finiti: ne pende ancora uno al Tar del Lazio.
Mettendo queste voci in colonna, il totale è di un milione e 161 mila euro già spesi a sostegno della cabinovia, cui andrebbero idealmente sommati i costi degli incarichi per approfondire tutti gli aspetti contabili e amministrativi nelle relazioni con l’Ue, i viaggi a Roma, i sopralluoghi tecnici: una spesa importante che, un domani, il Comitato No Ovovia non esclude possa motivo per procedere con una class action. Il valore delle migliaia di ore di lavoro di tecnici, dirigenti e uffici comunali impegnati nel progetto negli ultimi quattro anni, infine, è incalcolabile. —
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