Spazi e ferrovie per far volare il porto di Trieste
Il Forum della Blue Economy organizzato da Nord Est Multimedia all’Hotel Savoia: «Completare le infrastrutture». «Il traffico con la Turchia crescerà sempre più, come cresceranno le economie di tutto l’arco mediterraneo»

Infrastrutture da completare al più presto, più spazio per garantire una leale concorrenza tra operatori e, soprattutto, connessioni con il resto del territorio per continuare a far viaggiare le merci una volta sbarcate al porto.
Sono le richieste avanzate dagli operatori del porto di Trieste intervenuti lunedì pomeriggio al forum “Blue Economy. Economia del mare”, l’evento organizzato da Nord Est Multimedia (Nem), il gruppo che pubblica Il Piccolo, il sito ilNordEst.it e altri cinque quotidiani del territorio, al Savoia Excelsior Palace di Trieste.
Un appuntamento per fare il punto su come stanno cambiando le rotte del commercio internazionale e sul ruolo che in questo scenario ricoprirà Trieste, tra piani di sviluppo delle infrastrutture, strategie industriali e traiettorie di innovazione che stanno interessando il porto e la città.
L’obiettivo lo ha reso chiaro in apertura il presidente di Confetra Fvg, Stefano Visintin: fare in modo di «rimettere Trieste sulla mappa», dopo una fase di «marginalità sugli scambi mai conosciuta» che, complici le difficoltà sul canale di Suez, hanno riportato la città a una situazione simile a quella di metà Ottocento, «quando il barone Revoltella stava ancora pianificando il taglio dell’istmo».

I dati sui traffici parlano di una sostanziale tenuta degli scambi, ma dopo oltre 500 giorni senza una guida dell’Autorità portuale gli operatori premono perché si faccia in fretta a dare avvio ai tanti progetti rimasti in attesa. Per riagganciare la ripartenza – è il messaggio – occorre lavorare sulle infrastrutture, e non solo su quelle portuali.
Un punto su cui sono d’accordo operatori e istituzioni: «se vogliamo lavorare sull’economia del mare, dobbiamo lavorare anche sull’entroterra legato al mare», ha detto il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, guardando già alle nuove rotte, da quella artica al corridoio Imec. «Non avere l’alta capacità sul porto principale per il trasporto via ferro è un problema: rischiamo di non essere competitivi di qui ai prossimi decenni».
Competizione che invece non manca sulla direzione Trieste-Istanbul. «Il traffico con la Turchia crescerà sempre più, come cresceranno le economie di tutto l’arco mediterraneo. La concorrenza è sempre positiva: se altri operatori vogliono mettere nuova capacità produttiva vuol dire che il porto funziona», ha detto Guido Raso, amministratore delegato di Samer Seaports & Terminals, seduto a fianco di Guido Grimaldi. Per Raso il punto è sempre lo stesso: per far passare più merce in spazi limitati, bisogna velocizzarla. «Gli operatori sanno sempre trovare un equilibrio, ma l’assenza di una capacità infrastrutturale non aiuta: manca capacità ferroviaria e digitalizzazione dei processi». Sulla stessa linea il direttore commerciale corporate Short sea shipping del Gruppo Grimaldi: «Mi auguro che a breve cresceranno gli spazi nel porto di Trieste, ma è importante che siano gestiti bene. Abbiamo intenzione di mettere una quinta nave: non ci dobbiamo concentrare solo sul traffico attuale, ma sulle centinaia di migliaia di camion che ancora viaggiano dalla Turchia verso l’Italia. Vorremmo poter contare su un’infrastruttura portuale che offra più posti e su un’infrastruttura ferroviaria organizzata meglio».
La grande attesa è tutta per i progetti in corso, in primis la stazione di Servola e il Molo VIII. Se su quest’ultimo si attende il prossimo bando, con Hhla Plt Italia in prima linea come soggetto proponente – dopo aver messo 80 milioni di euro sulla piattaforma logistica e raddoppiato i volumi sul 2024, «siamo pronti a investire per realizzare nuovi spazi perché crediamo nel porto di Trieste», ha detto l’ad Antonio Barbara – sulla stazione di Servola i tempi sembrano più maturi. «Per fare spazio occorre realizzare la stazione di Servola», ha detto senza giri di parole l’assessore regionale alle Infrastrutture Cristina Amirante.
«Pur in tanti giorni di commissariamento, c’è stato un commissario che ha riportato a casa i 180 milioni necessari. Il passaggio fondamentale sarà l’efficientamento della rete ferroviaria, indispensabile per avere le tracce nei corridoi ferroviari». L’attesa sembra si stia riducendo: ad agosto finirà il primo lotto dei lavori su Campo Marzio, che – ha annunciato lunedì Paolo Crescenzi, dirigente Infrastrutture ferroviarie e stradali dell’Autorità di sistema portuale – permetterà la partenza dei treni da Trieste a Tarvisio, e a giugno del 2026 sarà pronta Aquilinia.
«La stazione di Servola è una riserva di capacità per il futuro del porto di Trieste», ha scandito Crescenzi. Soggetto a 50 diversi parametri di sostenibilità, protagonista di un dossier da 778 pagine e un iter lungo un anno e mezzo, quello di Servola è uno dei dieci progetti strategici nazionali che consentirà di raggiungere l’obiettivo di arrivare a 25 mila treni l’anno.
«Anche Monfalcone può diventare un porto con una capacità ferroviaria notevole: oggi siamo già a oltre duemila treni e si può arrivare a settemila». A settembre 2026, infine, dovrebbe terminare anche la prima fase dei lavori di costruzione della banchina dell’ex Aquila, il nuovo terminal multipurpose controllato dagli ungheresi di Adria Port. «Abbiamo un obiettivo molto chiaro che è quello di essere almeno parzialmente operativi entro il 2028», ha spiegato l’ad Jens Peder Nielsen. «Ci aspettiamo di avere un ruolo fondamentale per facilitare il commercio ungherese con il resto del mondo, ma saremo un terminal “neutro” non solo ungherese». Pronti a ospitare anche le navi di chi è in cerca di nuovi spazi, come Grimaldi? «Molto volentieri».
Navi, ferrovie, ma anche tubazioni. Dell’intermodalità del porto di Trieste fa parte anche Siot Tal, primo terminalista dello scalo con 40 milioni di tonnellate di greggio movimentate nel 2024. Se non ci fosse l’oleodotto, per trasportare gli stessi volumi servirebbero 10 mila autocisterne al giorno sulle strade. «Per noi la sostenibilità è mantenere in piena efficienza l’infrastruttura ogni giorno, per non avere interruzioni o sprechi. Gli investimenti fatti ci permettono ora di far attraccare le petroliere di classe Suezmax, lunghe 275 metri e larghe 48. Far arrivare navi più grandi, significa farne arrivare qualcuna in meno», ha spiegato il presidente e ad Alessandro Gorla. Qualcuna di queste in futuro potrà forse spegnere i motori e attaccarsi alla rete elettrica della banchina, beneficiando del progetto di cold ironing su cui è al lavoro AcegasApsAmga. «Parlare di evoluzione della portualità significa immaginare un potenziamento di tutta la rete che fornisce energia al porto: parliamo di circa 160 megawatt di richiesta di potenza installata», ha sottolineato Giovanni Piccoli, direttore reti della multiutility. «Abbiamo definito un piano di interventi per garantire grossi quantitativi di potenza già a partire dal 2026: riusciremo a finire entro giugno del prossimo anno». —
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