Da Zagabria a Skopje Foto e video privati condivisi sul web nella rete dei 40mila

BELGRADO Uomini e ragazzi senza scrupoli, che postano sul web foto e video più che espliciti di donne inconsapevoli, spesso le loro ex, mentre altri – migliaia e migliaia – aspettano famelici al varco. Per poi scaricare immagini che sarebbero dovute rimanere strettamente private.
Sono i contorni di un fenomeno che da giorni sta scuotendo i Balcani e in particolare la Serbia. A far emergere lo scandalo sono state le denunce che si sono rincorse in questi giorni sui social in merito all’esistenza di canali e gruppi frequentatissimi, attivi da tempo in particolare sulla piattaforma Telegram. Piattaforme dove un enorme numero di persone posta foto e video rubati su profili privati, in gran parte da Instagram, ma non solo. E dove tanti si dedicano al cosiddetto “revenge porn”, pornografia non consensuale che ha come vittime inconsapevoli centinaia e centinaia di donne e ragazze, le cui foto e immagini in contesti privati vengono condivise in maniera illegale sul web.
Epicentro del fenomeno, un canale Telegram denominato “Ex Yu Balkanska Soba” (Camera balcanica della ex Jugoslavia, nda), che nei giorni scorsi aveva toccato i 40mila utenti attivi, poi inghiottiti nel nulla dopo le prime denunce e subito riemersi sempre su Telegram, come accaduto anche al gruppo “Nislijke”, dedicato alle ragazze della città serba di Nis, con più di 25mila utenti. Canali dove non esistono regole, solo la legge del branco. Legge che prevede che gli utenti postino video e foto “porno” private, spesso di proprie ex o di ragazze con cui erano venuti in contatto, a volte addirittura pubblicandone nome e indirizzo o numero di telefono. Oppure che si digiti il nome della propria città di provenienza, per poi vedere scorrere sullo schermo video e foto di giovani donne locali, “offerte” dagli altri avventori della stanza.
Non si tratta solo di donne serbe. Sui gruppi incriminati sarebbero infatti stati diffuse immagini e filmati di ragazze di tutti i Balcani: è questo l’alalrme lanciato dai media locali. E la conferma arriva entrando personalmente nella risorta “Balkanska Soba”, dedicata «alle ragazze dei Balcani». «Ci sono foto di qualche donna di Zagabria?», chiede un utente. «E del nord del Montenegro?», s’informa un altro. «E della Macedonia?», queste le richieste che si leggono sul rinato gruppo su Telegram. Gruppo dove sarebbero finite persino scene di stupri. «Oggi qui è stato postato il video» di una violenza sessuale di gruppo, ha raccontato con raccapriccio una utente di Twitter, mentre altri hanno suggerito che si sarebbe viste anche le immagini di ragazzine non ancora diciottenni.
Il fenomeno appare in realtà più marcato di quanto si possa pensare. Già il mese scorso infatti la Macedonia del Nord era stata scossa da un caso simile dopo che era venuta a galla l’esistenza di “Javna soba” (Camera pubblica), canale Telegram dove erano state condivise migliaia di foto e video di giovani donne macedoni in scene esplicite di sesso, oltre alla divulgazione di dettagli sull’identità delle vittime. Lo scandalo aveva provocato una vera e propria sollevazione popolare, radunando in piazza a Skopje centinaia di donne e ragazze che issavano cartelli con su scritto «basta abusi». Le autorità avevano subito reagito con l’arresto di quattro persone sospettate di essere le menti dello scambio di foto, malgrado la mancata cooperazione di Telegram, «un vero ostacolo alle indagini», aveva affermato il ministro degli Interni macedone, Oliver Spasovski.
Uno scenario simile si sta materializzando ora in Serbia, dove l’Agenzia anti-crimine organizzato si sta già muovendo per fare luce sul caso del “revenge porn” su Telegram. Sono già state prese «misure urgenti per fare chiarezza» sull’affaire Telegram, ha specificato la polizia serba. «Li troveremo e li puniremo», crimini del genere «non saranno tollerati e non rimarranno impuniti», ha assicurato il ministro degli Interni, Aleksandar Vulin.
Nel frattempo, sui social non si spegne la solidarietà alle vittime, mentre a Belgrado sono apparsi perfino dei poster che avvisano del pericolo delle chat in cui si diffondono immagini porno senza consenso. Ma c’è anche chi – e non sono pochi - difende i “pirati” del porno non consensuale. Accusando le vittime di essere state delle ingenue, a farsi fotografare o filmare dai loro futuri carnefici. —
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